Manfred Rommel (1928 -2013)

Manfred RommelAveva sedici anni quando alla porta di casa si presentarono due ufficiali nazisti per offrire al padre una scelta: il suicidio o un processo pubblico per tradimento per il presunto coinvolgimento nell’attentato di Rastenburg a Hitler. La Volpe del deserto, il 14 ottobre del 1944, scelse il cianuro. Poco dopo il figlio Manfred, da più di un anno arruolato a forza nella Luftwaffe, si arrese ai francesi e fu fatto prigioniero. Da lì incominciò la storia dell’“ultimo liberale tedesco”, nella definizione del Washington Post: Manfred Rommel, figlio del celebre Erwin, diventò una delle figure di primo piano della politica tedesca del dopoguerra. Un esempio di tolleranza, coerenza e spirito democratico, fu, fino alla sua scomparsa il 7 novembre scorso all’età di 84 anni, solida colonna del partito democristiano tedesco.
Sulle spalle un cognome pesante, Rommel. Un cognome celebrato nella Germania nazista per i successi sul campo militare contro gli Alleati. Un cognome che si potrebbe dire simbolo della ricostruzione tedesca dopo la Seconda Guerra Mondiali. Nato a Stoccarda il 24 dicembre del 1928 e per vent’anni sindaco della città, Manfred Rommel ammoniva se stesso e la Germania: “non dovrà più accadere che un popolo possa marciare così volentieri verso una dittatura”. La democrazia era al centro della sua idea politica, una filosofia che lo portò a scontrarsi più volte con il suo stesso partito. In molti, nel 1977, puntarono il dito contro la sua decisione di permettere la sepoltura, nel cimitero di Stoccarda, dei tre terroristi della Raf (Gudrun Ensslin, Andreas Baader e Jan-Carl Raspe), suicidatisi nella prigione di Stammheim. “Sono dell’idea che la rabbia, giustificata o meno, debba finire con la morte e non ci sono cimiteri di prima o seconda classe, le tombe sono tutte uguali”, affermò allora Rommel facendo fronte alle polemiche. La sua coerenza lo rese popolare e apprezzato tanto che i suoi concittadini li affidarono le chiavi di Stoccarda per tre mandati di fila. Il New York Times nel 1982 lo indicava come la figura capace di guidare non una città ma la Germania intera. “Non sono ambizioso – confessò Rommel in un’intervista, declinando la proposta di candidarsi alla politica nazionale – fare il cancelliere è un peso insopportabile”.
Del padre, in un’intervista alla Nbc, ricorda la sua volontà, dopo lo sbarco in Normandia, di raggiungere una pace sotto condizione con gli Alleati. Consapevole che la guerra era persa, pensava di riuscire a convincere Hitler a lasciare il potere e firmare l’armistizio. Decisione assolutamente inammissibile per il dittatore nazista. “Mio padre, però, decise che, se fosse stato necessario, avrebbe firmato sotto la sua responsabilità la resa con gli inglesi o americani, penetrati nelle posizioni tedesche”. Nella stessa intervista, Manfred ritornò ai ventuno mesi passati nell’esercito, costretto ad arruolarsi a soli quattordici anni. “Non avevo scelta, fui obbligato a rispondere alla chiamata alle armi. Ricordo il tempo passato nel campo di prigionia francese. Allora vidi per la prima volta una foto di un campo di concentramento e discutemmo insieme ad altri prigionieri. La nostra sensazione era di non aver perso solo la guerra ma di aver perso anche il nostro onore”.
Ritornato alla libertà, studiò legge e scienze politiche all’Università di Tübingen, per poi lavorare nel settore economico nel Land di Baden-Württemberg, cui capitale è Stoccarda. Divenne sindaco della città nel 1974, mantenendo le redini fino al 1996, quando lasciò definitivamente la politica.
Dal padre ereditò una curiosa amicizia con altri due figli eccellenti: David Montgomery, figlio del generale britannico Bernard Law Montgomery e George Patton IV, figlio del generale americano George S. Patton. I tre genitori furono tre delle figure più celebri della seconda guerra mondiale.
Battagliero e fortemente ispirato a ideali democratici, Manfred Rommel si impegnò per l’affermazione dei diritti civili in tutte le classi sociali tedesche, in particolare a favore degli immigrati in un periodo di grandi migrazioni verso la Germania e conseguenti tensioni. Testimonianza del suo impegno – anche nella ricostruzione dei rapporti con la Francia – le tante onorificenze ricevute in carriera: dalla Legione d’onore francese alla medaglia presidenziale per la libertà, fino all’Ordine dell’impero britannico. Con la sua consueta ironia, Rommel commentò “il numero di riconoscimenti sembra infinito. Sulla mia tomba si leggerà “per favore continuare sul retro”.

Daniel Reichel
(11 novembre 2013)