Qui Trieste – La rimozione del rabbino capo sulle pagine nazionali del Corriere della Sera
La notizia della rimozione del rabbino capo di Trieste David Itzhak Margalit finisce sulle pagine nazionali del Corriere della Sera in un articolo in cui intervengono il presidente della Comunità ebraica Alessandro Salonichio e lo stesso rav Margalit. Ieri la vicenda era stata riferita dal quotidiano triestino Il Piccolo.
E sarà anche un lavoro, quello di rabbino capo, ma in questa storia triestina sembra soverchiare anche la spiritualità. Innanzitutto per la forma decisamente poco religiosa: lettera di licenziamento. “È vero, l’ho ricevuta”, riconosce con un sospiro Itzhak David Margalit, da sei anni guida spirituale della comunità ebraica di Trieste. Poi per la reazione dell’anomalo ‘silurato’ che per difendersi ha bussato alle classiche porte di chi rimane senza lavoro, Cgil e avvocato. “Non escludo di andare dal giudice del lavoro perché dichiari illegittimo questo licenziamento, visto che non c’è una giusta causa. Mica ho rubato, ho fumato droga o violentato una donna”. Considerando che un rabbino capo può essere equiparato a un vescovo cattolico, “no, di più, cardinale — puntualizza Margalit — perché seguo tutto il Friuli Venezia Giulia”, la vicenda si fa surreale anche per i toni. Cos’ha fatto, dunque, di tanto grave il sessantatreenne Itzhak David Margalit, già vice rabbino a Torino? Lo spiega il presidente del Consiglio della comunità ebraica di Trieste, Alessandro Salonichio, che ha firmato la sua “letterina”, deliberata dal Consiglio all’unanimità: “Semplice, ha compromesso il rapporto di fiducia con la nostra gente”. E la causa scatenante della rottura? «Quando un rabbino viene in una comunità della diaspora (56o iscritti, ndr) deve esercitare la spiritualità in un certo modo, ci vuole dialogo, presenza, condivisione…”. Salonichio non vuole scendere nei particolari ma ce n’è abbastanza per provocare la stizza di Margalit: “Sciocchezze, se parla così non capisce cosa significa essere ebreo. Non è vero che manca il dialogo con la comunità, manca piuttosto con il suo Consiglio, eletto due anni fa, e non per colpa mia ma per una loro libera scelta. Ricordo che io sono il rabbino della comunità, non del Consiglio. A me la guida spirituale, a loro sette (l’organo si compone di 7 membri, ndr) quella amministrativa”. Per saperne di più bisogna scomodare la Cgil e in particolare Adriano Sincovich, il segretario della Camera del lavoro di Trieste che ha seguito personalmente la vicenda: “Un po’ mi sorpresi quando vidi per la prima volta il rabbino, non mi era mai successo. Margalit chiedeva chiarimenti sul suo contratto da dirigente e in particolare sui riposi settimanali, ne voleva uno in più. Una situazione delicata che abbiamo affrontato insieme, ottenendo anche qualche risultato, che poi è stranamente saltato. Più avanti è tornato per capire se alcuni lavori riguardanti la casa dove abita potevano essere a carico della comunità. E ora mi ha comunicato il licenziamento, controlleremo cosa si può fare ma la vedo dura”. Formalmente Margalit era dirigente dell’associazione religiosa Comunità ebraica “Una signora paga — precisa Salonichio — con vari benefit, come la casa che gli è stata data in comodato d’uso. Lui pretendeva che la comunità gli pagasse l’impianto di irrigazione… Quanto ai riposi settimanali, ricordo che il rabbino voleva un giorno supplementare rispetto ai due che già gli spettavano e cioè la domenica e il sabato, dove è solo richiestala sua presenza al tempio. E anche quando avesse dovuto lavorare la domenica, come per le commemorazioni della Risiera di San Sabba (il lager nazista di Trieste, ndr) poteva recuperare il giorno. Ma queste sono pochezze. II vero problema è la fiducia e la presenza che avremmo voluto più attiva, anche nelle scuole”. Margalit, che ha sempre avuto un rapporto stretto con la madre patria, Israele, è già in partenza: “Domani vado a chiarire tutto con il rabbino capo d’Israele, David Lau…”. E la butta lì: “Se deciderò di parlare potrete riempire pagine e pagine. Shalom». Ma anche Salonichio deve avere qualcosa in serbo: “Meglio che non dica altro”. Sotto la sinagoga di Trieste tira un vento gelido.
Andrea Pasqualetto (Corriere della sera, 14 novembre 2013)
(14 novembre 2013)