ritmi…

Nel memorabile incontro, dopo ventott’anni di separazione, fra Ya‘akòv ed Esàw, la continua preoccupazione del primo è mantenere una certa distanza. È Esàw che gli corre incontro, è Esàw che abbraccia e bacia Ya‘akòv; non c’è quella reciprocità che ci sarà, a distanza di una generazione, nell’incontro di Yosèf con i fratelli.
È ancora Esàw che propone di viaggiare insieme, o almeno di fornire a Ya‘akòv una scorta armata. Qui Ya‘akòv ricusa, gentilmente ma fermamente e recisamente. Spesso questo atteggiamento viene interpretato come frutto della paura di Ya‘akòv nei confronti del fratello e del rimorso per l’imbroglio di tanti anni addietro; tuttavia una simile motivazione ci suona strana, se riferita ad una persona che ha appena lottato e vinto un essere soprannaturale, e che perciò si è meritato l’appellativo di Israèl, colui che lotta per D.o.
L’atteggiamento di Ya‘akòv deve quindi essere rivisto, alla luce e nell’ottica proprio dell’epiteto di Israèl.
È noto che i nostri Maestri dicono che l’angelo protagonista di questa lotta era “sarò shel Esàw”, il genio di Esàw; in altri termini, il materialismo sfrenato che si oppone recisamente e totalmente alla spiritualità d’Israele. La lotta, quindi, è sia interna (in ognuno c’è una continua tensione tra spirito e materia) sia esterna: Israele ha il compito di far prevalere i valori dello spirito, non negando valore a quelli materiali (l’angelo è pur sempre creatura divina), ma allontanando ciò che vorrebbe negare il diritto di esistenza dei valori spirituali.
Non solo; per affermare i propri valori Israele ha la sua via, la sua strada, i suoi tempi. Molto spesso Esàw manifesta un volto favorevole, affettuoso; forse è anche sinceramente convinto di esserlo, di apprezzare il fatto che Israel abbia dei valori da portare avanti, e gentilmente si offre come compagno o come guida. Tuttavia, senza nulla togliere alla sua sincera convinzione, compito di Israel è proseguire con i suoi modi ed i suoi tempi, come diceva Ya‘akòv: “Che il mio signore vada pure avanti al suo servo; quanto a me, procederò con la mia lentezza al ritmo dell’opera che è davanti a me ed al ritmo dei bambini”. È proprio così: dobbiamo procedere al ritmo dell’opera che è davanti a noi, ossia secondo i ritmi dell’Ebraismo, secondo le sue categorie ed i suoi modi; ma soprattutto al ritmo dei bambini, dando la precedenza assoluta alla trasmissione all’interno, alle generazioni a venire, a quelle che garantiranno nel tempo la sopravvivenza dell’Ebraismo.

Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana

(14 novembre 2013)