Shabbat Shalom americano
Sabato scorso stavo a un convegno al Cold Spring Harbor Laboratory, a Long Island, non lontano da New York, uno dei santuari della biologia moderna. Da qui sono passati diversi premi Nobel, a partire da Jim Watson, lo scopritore della doppia elica del DNA (che tuttora vive lì), Salvador Luria, Max Delbrück, Barbara McLintock, Sydney Brenner e vari altri. Il posto è spettacolare, in particolare d’autunno, con vividi colori rossastri che nel nostro continente non si vedono spesso. In questa splendida location mi è capitato il seguente episodio che vorrei condividere.
Il venerdì, verso mezzogiorno, sono andato nella cucina del dormitorio in cui eravamo alloggiati per chiedere se verso sera avrei potuto accendere delle candele in camera (una volta, in un’altra città americana, l’averle accese fece scattare l’allarme anti-incendio). La signora della cucina, un po’ dimessa e di una certa età, mi risponde: “Ah, intendi le candele dello Shabbat. Sono ebrea anch’io! Non so se si possono accendere, è la prima volta che me lo chiedono. Telefona alla sicurezza e chiedi loro, io devo andare via di corsa fra pochi minuti”. Immaginando che anche lei si affrettasse per i preparativi della propria cena sabbatica, le dico: “Gut Shabbes, Shabbat shalom”, e lei mi risponde, con ottima pronuncia ebraica: “Shabbat shalom”. Dall’ufficio della sicurezza, poi, mi hanno fatto sapere che non c’era alcun problema ad accendere le candele in camera.
La mattina dopo, a colazione, incontro di nuovo la vecchia signora e mi chiede se ho potuto accendere le candele sabbatiche. Le dico di sì e che se glielo richiederanno, potrà rispondere che si può. Allora lei mi fa: “Sai, ho passato alcuni giorni difficili questa settimana, ma quando ieri tu mi hai detto ‘Shabbat shalom’ ho pensato ‘Ora andrà meglio’. E così è stato”.
A giudicare dai nomi, c’erano parecchi ebrei (o di origine ebraica, come usano dire) fra gli illustri partecipanti al convegno. Ma per ricevere e dare il saluto dello Shabbat shalom, ho dovuto incontrare una vecchia cuoca. E anche io, grazie alla soddisfazione di aver compiuto una mitzwà beyn adam lachaverò (una buona azione nei confronti del prossimo), ho passato un buono Shabbat.
Shabbat shalom a tutti i lettori.
rav Gianfranco Di Segni
(15 novembre 2013)