1943 – 2013, Ferrara non dimentica
A 70 anni dall’eccidio del Castello Estense le istituzioni ferraresi, la Comunità ebraica, tutta la cittadinanza hanno voluto commemorare quella drammatica pagina di storia locale. Nell’intervento pronunciato a nome della Comunità ebraica la docente universitaria Marcella Ravenna ha spiegato come ci sia ancora molto da fare “affinchè il ricordo dei fatti tragici che oggi commemoriamo possa davvero diventare una parte preziosa e cara della nostra storia collettiva, riconosciuta come tale non solo dalla nostra generazione”.
<<…. Quel 15 novembre ero già a letto (avevo 15 anni), quando una scampanellata alla porta mi sveglia di soprassalto. Sento poi qualcuno che sale le nostre scale e poi vedo la mamma affacciarsi sulla porta della mia camera “Corrado alzati, sono arrivati 2 carabinieri1 e vogliono che tu vada con loro per chiederti qualcosa…”. La mamma piangendo mi aiuta a vestirmi, e quando usciamo nella notte fredda e umida io sconvolto e confuso cammino in mezzo a quei due (mi sentivo molto Pinocchio). Arriviamo alla Caserma Littorio e lì mi fanno entrare. In principio non vedo niente: una sala fredda e umida, con il fumo di sigarette accese e tanta gente, uomini e donne, che camminano in tondo per scaldarsi. Poi il padre di un mio compagno di classe mi afferra per un braccio e mi spiega che siamo qui perché hanno ammazzato un fascista, ma certo a mattina ci lasceranno tornare a casa.
….. Verso le tre del mattino entra di volata un gruppetto di camicie nere che urlano verso di noi “Quanta carne da macello”… >>.
Da “La lunga notte del 1943” di Corrado Israel Debenedetti (Hakeillah, n.5-2009)2
Nel settantesimo anniversario di quei tragici eventi, siamo qui per ricordare, come ogni anno con cerimonia solenne, insieme a cittadini ed autorità, le 11 persone che furono barbaramente uccise all’alba del 15 novembre 1943 lungo il muretto del castello e nelle strade limitrofe. Fra essi Ugo Teglio, Mario Hanau, Vittore Hanau, Alberto Vita Finzi erano ebrei o di origine ebraica. D’accordo con quanto di recente affermato dallo storico Bensoussan (2002, p.78), perché una commemorazione abbia senso, occorre ricordare che le vittime prima di essere tali sono state degli esseri umani. Poche e scarne sono però le informazioni di cui disponiamo in tal senso.
Ugo Teglio (1906) fu ucciso a 37 anni. Figlio dell’ex preside del liceo “Ariosto”, avvocato, socialista, nel ’40 fu confinato in provincia di Potenza. Nel settembre del ’43 si incontrò a Roma con membri dell’appena costituito CLN. Il 7 ottobre fu arrestato e detenuto alcuni giorni sia nel carcere di S.Giovanni in Monte a Bologna, sia in quello di via Piangipane a Ferrara (Gandini 1994,78).
Vittore Hanau (1877) commerciante di pellame in via Canonica (Gandini 1994,77) fu fucilato a 66 anni insieme al figlio Mario (1912) di 31 anni. L’accusa nei loro confronti era di avere fornito un contributo economico al gruppo antifascista “Italia Libera” per tramite di Alda Costa. Abitavano in via Cammello 3. (Citta’ di Ferrara, 1961,10).
Alberto Vita Finzi (1888) rappresentante di commercio, padre di sei figli, antifascista: aveva pubblicamente espresso il suo sollievo per la caduta del fascismo. Dopo la costituzione della RSI, fu uno dei firmatari del «patto di pacificazione» stilato tra il Comitato antifascista di cui faceva parte e i fascisti repubblicani locali. Prelevato dalla sua abitazione in via Camposabbionaro 15, sarà anch’egli tra i fucilati la notte del 15 novembre a 65 anni (Gandini 1994,78).
Le persone appena citate furono tra i primi ebrei ferraresi ad essere uccisi e lo furono per mano di altri italiani in quella spietata e affannosa caccia all’ebreo – rivolta a uomini, donne, bambini, giovani e vecchi, sani e malati – prelevati a forza dalle loro case, dall’Ospedale S. Anna, dall’Ospizio israelitico e che si concluderà solo con la liberazione della città dal nazifascismo. Ciò fornisce conferma a quanto evidenziano i lavori recenti di numerosi storici, secondo cui il fascismo italiano non si può considerare al riparo dal genocidio, non risulta al di fuori del cono d’ombra della Shoah, come sostenne inizialmente Renzo De Felice, ma partecipò attivamente alle operazioni che sfociarono nello sterminio.
Abbiamo ricordato in special modo le vittime dell’eccidio proprio perchè qualcosa di loro, a cui è stata presa a forza la vita, resista all’oblio e possa continuare a vivere. A vivere malgrado tutto, come direbbe Ida Fink sopravvissuta al genocidio dell’ebraismo polacco e voce alta e irripetibile dei tanti sommersi da lei incontrati ed amati, sia quando la vita era ancora possibile, sia negli anni della persecuzione e successivamente ricordati come persone appunto nei volumi “Tracce”, “Frammenti di tempo”, “Il viaggio”, pubblicati da Giuntina. Quest’ultimo, in particolare, ben esemplifica tutte quelle storie di fuga che hanno riguardato tanti ebrei europei, italiani, ferraresi nel tentativo di mettersi al riparo da una morte certa, tentativo che ha comportato innumerevoli e drammatiche microdecisioni in cui non ci si poteva permettere il benchè minimo errore.
La mia impressione è però che ci sia ancora molto da fare affinchè il ricordo dei fatti tragici che oggi commemoriamo possa davvero diventare una parte preziosa e cara della nostra storia collettiva, riconosciuta come tale non solo dalla nostra generazione.
Marcella Ravenna
(17 novembre 2013)