Trieste – “Ripensiamo il rabbinato”

Una nota di solidarietà nei confronti dell’operato del Consiglio della Comunità ebraica di Trieste, che ha recentemente deliberato di sollevare dall’incarico il rabbino capo, è stata emessa dal presidente della Comunità ebraica della Capitale Riccardo Pacifici.

“Credo che questa vicenda – afferma Pacifici – comporti il dovere di un nostro impegno in prima linea. Un fatto che ci obbliga essere al vostro fianco, come colleghi presidenti, come Consiglieri Ucei e anche come Consiglieri della Comunità di Roma con la responsabilità che abbiamo come grande comunità di essere al vostro fianco e non indifferenti”.

Si chiede inoltre quale esempio offra un rabbino “che ha deciso di rivolgersi alla giustizia ordinaria e a un sindacato, la Cgil, senza sottoporre prioritariamente il suo caso alla valutazione del Bet Din” ed esorta l’UCEI, in tutte le sue componenti, a manifestare solidarietà al Consiglio di Trieste.

“È giusto – rileva il presidente degli ebrei romani – che il presidente UCEI si astegna dall’esprimersi anche al fine di salvaguardare il suo ruolo di presidente di un potenziale collegio giudicante sulla materia, ma che ogni singolo Consigliere possa sottoscrivere un documento forte in materia così come ogni singolo presidente delle 21 Comunità. Credo vada fatta e con urgenza”.

“Mi attendo, oltre al nostro intervento, un pubblico pronunciamento dell’Assemblea e Consulta rabbinica che stigmatizzi quanto accaduto almeno nella stampa ebraica e nei forum comunitari. Il loro autorevole pronunciamento – sottolinea ancora – serve a capire quale è l’aria che tira”. Il silenzio potrebbe essere invece percepito “in maniera errata” dagli iscritti e sarebbe, scrive Pacifici, “un fatto gravissimo che ci obbligherebbe a ripensare in toto le regole che in tutta Italia regolano i rapporti lavorativi, fra rabbini (non solo i rabbini capo) e loro comunità”.

“Affinché non vi siano equivoci, e chi conosce la mia storia dentro il mondo ebraico lo sa, non sono qui a fare un processo ai tutti i nostri rabbini, anzi. Sono qui – prosegue la nota – per difendere il loro onore e prestigio, sopratutto nel nome di quelli che, come sappiamo, compiono in mezzo a mille sacrifici missioni incredibili e che con i loro insegnamenti cercano di raggiungere ogni più sperduta anima. Sono qui a difendere l’onore di quei rabbini spesso mal pagati o sottopagati, in un sistema che crea profonde disparità di trattamento tra comunità e comunità, lì dove spesso la retribuzione non consente loro avere di avere la mente serena per poter assolvere appieno il proprio magistero”.

Mi spaventa, aggiunge, “l’idea che un rav, pur di non urtare troppo la suscettibilità del ‘proprio datore di lavoro’ – ovvero i rispettivi Consigli delle singole comunità, si adegui da un punto di visto Halachico, alle loro indicazioni. Specie nel campo dei ghiurim”.

A suo avviso una gestione centralizzata del rapporto di lavoro renderebbe “meno personalizzato” quel rapporto. Un po’ come avviene nella scuola pubblica “con l’invio di insegnanti e dirigenti scolastici in ogni singolo istituto”.

“Tutto questo – aggiunge – dovrebbe riformare e impattare l’intero asset del bilancio Ucei, che facendosi carico economicamente di questi contratti offrirebbe un serio servizio, specie per le medie e piccole comunità che non sanno come trovare nuovi rabbini formati in Italia, perché non ce ne sono e perché quelli che ci sono, in alcuni casi (come non dargli torto) vanno a cercare fortuna, specie in Israele. Facciamocelo spiegare da quelle comunità che da anni cercano un rabbino di formazione italiana e/o debbono convivere con un capo rabbino cui nulla li lega e che non possono permettersi in termini economici un licenziamento. I danni per ogni anno che passa sono incalcolabili”.

L’invito è inoltre volto a ripensare gli obiettivi del Collegio rabbinico e a farlo entrare “di peso” nelle scuole e non solo come “timidamente” avverrebbe a Milano e Roma ma anche a Torino e Trieste. “Dobbiamo ripensare – conclude – se non sia giusto disinvestire su un corso di laurea (con poche persone) e rafforzare e potenziare il Collegio rabbinico con maggiori risorse economiche in cambio di una strategia di reclutamento utilizzando, dove possibile, le nuove tecnologie della rete”.

(20 novembre 2013)