Ticketless – Pagine ebraiche, perché
Voglio ritornare una seconda volta sulle lampade che adornano le case ebraiche. Lo farò a partire da un quadro, che riproduco qui a fianco traendolo dal catalogo di una mostra che si svolse a Ferrara, “I Tal Yà”, (Mondadori, 1990, p. 313). “Mia madre che benedice le candele”, s’intitola l’olio su tela di Antonietta Raphael Mafai. Nell’atelier romano della pittrice lituana, discendente di rabbini mistici e sognatori, Silvia Berti si recava da bambina accompagnata dal padre, Giuseppe Berti, alto dirigente del PCI, che dall’artista avrebbe voluto acquistare quel dipinto: “Non si può vendere la propria madre”, fu la risposta. Trascorsi molti anni, il destino ha reso possibile ciò che la pittrice reputava incongruo. “Mia madre che benedice le candele” oggi si trova nella casa romana di Silvia Berti circondato da rare edizioni spinoziane.
Non tutti sanno che cosa l’ebraismo italiano debba a questa studiosa, la cosa non è facile da spiegare in poche righe. L’ultimo suo dottissimo libro (“Anticristianesimo e libertà. Studi sull’illuminismo radicale europeo”, Il Mulino) non aiuta il lettore comune. Aiuta di più il nome che il giornale dell’ebraismo italiano s’è dato, ”Pagine Ebraiche”. E’ il titolo della raccolta di saggi di Arnaldo Momigliano, voluta e amorevolmente curata per Einaudi proprio dalla Berti nel 1987. L’interesse per l’ebraismo risale alla figura del nonno materno, il sindacalista e storico del lavoro Giuseppe Di Vittorio, voce isolata di anti-razzismo nel 1938, ma non vanno trascurati due interventi politici della Berti. La sua lettera al “Corriere” dopo la crisi del 1982, i disordini seguiti al comizio di Lama recentemente ricostruiti nel volume di Schwarz-Marzano, di cui s’è occupato a lungo il nostro portale. Meno conosciuta è la replica ad Alberto Asor Rosa (“L’Unità” 7 febbraio 2003) , che ai tempi della guerra del Golfo, sentendosi Edward Said, ma senza essere Marcel Proust, aveva riciclato il cliché ottocentesco della presunta inadattabilità degli ebrei alla cultura occidentale. Le vie che conducono uno studioso a occuparsi di storia ebraica sono sempre invisibili, ma una spiegazione del caso-Berti penso possa venire dalla storia di questo quadro.
Alberto Cavaglion
(27 novembre 2013)