Il messaggio di Chanukkah
L’aspetto più rappresentativo e peculiare, e forse anche fondamentale, che caratterizza l’ebraismo fin dalle sue origini, è il confronto e la contrapposizione con la cultura circostante. La storia comincia in Egitto, dove già la famiglia di Giacobbe dovette misurarsi con una società circostante diversa, tant’è che fu costretta a risiedere in una zona separata dagli egiziani, nella Terra di Goshen, perché questi non sopportavano chi si occupava dell’allevamento di bestiame (Genesi 46,34): questo caso potrebbe forse essere stato il prototipo della futura juderia o magari anche di quello che diventerà il ghetto.
Terminata la schiavitù egiziana, al popolo venne insegnato che “non farete come le azioni della Terra d’Egitto in cui risiedevate e come le gesta del paese di Canaan in cui vi sto portando, e secondo le loro leggi non vi comporterete” (Levitico 18,3). La contrapposizione alle altre culture e la distinzione da esse diventa dunque non soltanto evidente, ma messa per iscritto e codificata. Sarà questo l’elemento peculiare dell’identità ebraica per le generazioni future: come dissero gli antichi Maestri, מעשי אבות סימן לבנים, le gesta dei padri sono un segno per i figli.
Durante il periodo dei maccabei, l’ebraismo dovette confrontarsi con la cultura ellenistica. La festa di Chanukkah non è altro che la celebrazione di questa contrapposizione culturale, religiosa, e anche etnica, il rigetto delle usanze dei greci, diverse e straniere. In seguito, tramontata l’egemonia ellenica, il popolo ebraico si scontrò con il mondo romano e pagano, scontro che portò alla distruzione del Tempio prima e all’espugnazione di Betar nel 135.
Nella Diaspora, il gruppo ebraico si trovò sempre a essere una minoranza, dovendosi per l’appunto confrontare con una cultura di maggioranza diversa dalla propria, sia che si trovasse in Europa in un ambiente cristiano, sia che si trovasse negli altri paesi mediterranei a maggioranza musulmana.
Questo continuo confronto con culture diverse, e la necessità di diversificarsi e a volte distanziarsi da loro, è uno fra gli elementi che hanno più influito sulla cultura ebraica così come la conosciamo oggi. Ed è chiaro che nessun’altra popolazione si è mai posta questo dilemma con tanta forza, se accettare oppure rifiutare la cultura esterna. Ancora oggi ci troviamo dinnanzi alla necessità di un confronto con una cultura globalizzata, quella dei McDonald’s e della Coca Cola, e con l’esigenza di riuscire a ritagliare uno spazio particolare in cui poter esprimere la propria peculiarità e con cui identificarsi in una maniera distinta dalla moda corrente. Ma questo millenario confronto fa vedere anche che fra i due estremi, il totale rifiuto della cultura circostante da un lato e la sua passiva adozione a scapito della specifica cultura ebraica dall’altro, vi è una via di mezzo: l’accettazione della cultura estranea in maniera selettiva e consapevole. Quello che può essere utile e non contrasta con i princìpi tradizionali entra nell’ebraismo, quello che invece non è sano e utile viene respinto. Non per niente gli stessi Maestri introdussero molti termini greci nella lingua ebraica, tant’è che la massima istituzione ebraica si chiamava Sinedrio, sostenendo che il greco è una lingua bella e pertanto è permesso perfino scrivere un Sefer Torah in greco (Mishnah, Meghillah).
Che sia questo il messaggio, del tutto moderno e attuale, che la festa di Chanukkah ci vuole trasmettere?
Andrea Yakov Lattes, Università di Bar Ilan
(3 dicembre 2013)