Qui Firenze – Elena e Vittoria nel libro dei Giusti
In piazza, al fianco di Sant’Egidio. Al binario 16 di Santa Maria Novella, dove un monumento ricorda da questo novembre la deportazione degli ebrei fiorentini. In sinagoga, dove testimoni delle persecuzioni hanno condiviso ricordi, paure, emozioni. Sono state giornate di grande intensità per la Comunità ebraica di Firenze, chiamata ad accogliere il riconoscimento di Gino Bartali Giusto tra le Nazioni e ad accendere di luce, la luce dei Giusti, anche l’ultimo giorno di Chanukkah. L’appuntamento è per giovedì 5 dicembre in via Farini: ad essere iscritte nel solenne elenco dello Yad Vashem due donne: Elena Cecchini e sua nipote Vittoria Valacchi, che ritirerà personalmente l’attestato di coraggio.
Nel quinquennio 1939‐1943 la famiglia di Elio e Clara Salmon, genitori di Paolo, Silvia e Anna, era solita trascorrere due mesi estivi di vacanza in un paese montano dell’Appennino tosco‐emiliano chiamato “La Consuma”. Questa località, distante poco più di 30 chilometri da Firenze, è situata a 1000 metri di altezza, in cima a un valico che separa il Valdarno dal Casentino. Subito dopo l’8 settembre 1943, quando il maresciallo Badoglio, capo del governo italiano, firmò l’armistizio con le forze anglo‐americane, mentre l’Italia veniva invasa dai nazisti, la famiglia Salmon si trasferì dalla Consuma a Volognano, nella villa di cui erano proprietari Giuseppe e Alice D’Ancona, genitori di Clara. Volognano è situato su una piccola altura di fronte alla Consuma e Vallombrosa, e domina la valle dell’Arno fra Pontassieve e Rignano. Durante il mese di ottobre, Elio, che continuava a trascorrere le giornate a Firenze, potè avere e portare a Volognano notizie sulle azioni antisemite compiute dalle truppe tedesche che avevano occupato l’Italia, e in particolare sulla deportazione degli ebrei romani, avvenuta il 16 ottobre. Consapevoli dei rischi che avrebbero corso, Elio e Clara si rivolsero allora agli amici Cecchini, che abitavano in una loro villa a Samprugnano, situata sopra Rosano, a poca distanza da Volognano, per chiedere se avessero la possibilità di offrire un rifugio per la nostra famiglia. Ci fu da parte dei Cecchini la proposta, subito accettata, di un rifugio di tre stanze disabitate e da riattare, nell’ambito di una casa colonica denominata “La Colombaia”, abitata da contadini loro dipendenti. La sera del 6 novembre giunse a Volognano la notizia della razzia antiebraica (seguita da arresto, prigionia e successiva deportazione) compiuta quel giorno a Firenze dai nazisti e dai fascisti. Subito dopo una brevissima cena, nel buio della notte, i cinque componenti della nostra famiglia si incamminarono a piedi, attraverso campi e viottoli, verso la villa Cecchini per chiedere aiuto e ospitalità, che furono subito concessi con piena comprensione e massima generosità, in attesa del trasferimento nel rifugio effettuato dopo due giorni. In quel rifugio avrebbe trovato accoglienza, dopo il 24 aprile 1944, anche Giuseppe D’Ancona, padre di Clara. La salvezza di tutti i rifugiati, sancita con la liberazione da parte delle truppe inglesi il 10 agosto 1944, fu dovuta anzitutto all’iniziativa e alla generosità di tutta la famiglia Cecchini e all’incessante sostegno ricevuto da parte di Elena Cecchini (da tempo non più tra noi) e di Vittoria Valacchi, che effettuavano visite continue al nostro rifugio, cariche di provviste alimentari, a complemento di quanto arrivava dai contadini di Volognano. Queste visite, tra l’altro, avevano grande importanza per la nostra famiglia dal punto di vista del sostegno morale. Il rischio particolare corso da Elena Cecchini e Vittoria Valacchi deriva dal fatto che le loro frequenti visite alla nostra abitazione venivano osservate dagli abitanti della zona, spesso sfollati da città e villaggi bombardati da aerei anglo‐americani. Questo implicava la possibilità di denunce e conseguenti rischiose indagini. La villa Cecchini, tra l’altro, era alternativamente occupata dalle truppe tedesche e frequentata dai partigiani, che ricevevano generi alimentari. La nostra salvezza è anche dovuta – è giusto ricordarlo – al comportamento di tutti gli abitanti della zona (incluso il priore di Samprugnano), i quali, pur al corrente della nostra situazione, hanno sempre mantenuto il silenzio. Abbiamo appreso, quindi, con grandissima gioia che l’attribuzione della prestigiosa onorificenza di “Giusto tra le nazioni” a Elena Cecchini e a Vittoria Valacchi era stata approvata dalla Commissione di Yad Vashem, a segno di riconoscenza e gratitudine non solo da parte della nostra famiglia, ma di tutti i parenti e i discendenti.
Paolo Salmon, Italia Ebraica, dicembre 2013
(3 dicembre 2013)