Qui Livorno – Un ricordo di Guido Menasci, le più belle pagine di Mascagni
Livorno ricorda in questi giorni la figura di Pietro Mascagni e, in occasione del 150° dalla nascita, il 7 dicembre ha proposto al Teatro Goldoni l’opera più nota del Maestro labronico, ovvero “Cavalleria Rusticana”.
Egli non si negò di certo alle lusinghe del fascismo aderendovi e accettando diverse cariche dal regime: secondo alcune visioni la sua fu adesione controversa e poco convinta,secondo altri invece si trattò di infatuazione pervicace che sopravvisse anche all’8 settembre 1943.
Nel 1947 l’allora sindaco di Livorno, Furio Diaz (il “Sindaco della Liberazione”), parlò di “ombre contingenti di finali adattamenti” per definire lo scomodo passato del Maestro e questo aspetto, inevitabilmente, lo ha dovuto ricordare anche l’attuale sindaco, Alessandro Cosimi, nel commemorare Mascagni ad un secolo e mezzo dalla nascita.
Accantonando questo aspetto della vita del Maestro che richiederebbe un lungo approofndimento, vi è però da ricordare come uno dei suoi principali librettisti, insieme a Giovanni Targioni Tozzetti, fu un ebreo livornese: Guido Menasci.
Nacque nel 1867 da Salomone e Regina Tiring, crescendo in un ambiente di grande cultura (suo padre fu anche assessore all’Istruzione del Comune di Livorno): laureatosi in giurisprudenza, la sua passione per le lettere era evidente fosse solo per l’originale abitudine, da studente, di riportare in versi i sunti delle lezioni.
Pur avendo iniziato attività forense il suo maggior impegno fu per la letterarura e la cultura: animatore di varie iniziative, innumerevoli sono le sue collaborazioni a riviste culturali, i suoi saggi, le raccolte di versi.
Soggiornò in Germania e frequentò Parigi, producendo lavori, traduzioni e tenendo conferenze: sperimentò anche la carriera d’insegnante di lingua e letteratura francese.
Si evidenziò anche nel ruolo di librettista, non solo per Mascagni anche se per lui scrisse, appunto con Targioni Tozzetti, il libretto di “Cavalleria Rusticana” (poi quello de “I Rantzau” e “Zanetto”).
In verità si hanno notizie di altri contatti tra Mascagni ed ebrei livornesi: il Vessillo Israelitico ci riporta una sua “stentorea” dichiarazione (l’attitudine del Maestro era certamente teatrale anche nell’esprimersi) di lode per il baritono Nissim Zebulun, altrove definito basso, per il quale peraltro il Maestro Ventura, autore di tante belle musiche ebraiche del rito livornese, aveva musicato lo struggente “Lo Amut” diffusosi poi nel mondo ebraico.
Non a caso Livorno dette i natali a molti grandi compositori che si espressero anche in campo ebraico, tra questi Michele Bolaffi, David Garzia e Moisè Ventura, padre di Ernesto, primo chazan del Tempio dalla voce del quale Federico Consolo (grande musicista e compositore) udì e riportò in spartito (una vera e propria preziosa opera di archiviazione) il rito livornese pubblicandolo in un volume nel 1892.
Un rabbino, in verità poco credibile nel ruolo, Mascagni lo inserì anche in un’altra sua opera, “L’Amico Fritz”, nella quale appare il buon rabbino David (baritono).
Guido Menasci scomparve, ancora giovane, il 27 dicembre del 1925 .
Non vide quindi cadere sull’Italia le infami leggi razziali (razziste) e quindi non ci è dato sapere come questo legame avrebbe inciso sui rapporti con l’amico Mascagni.
Gadi Polacco
(Nella foto, da destra verso sinistra: Guido Menasci, Pietro Mascagni, Giovanni Targioni Tozzetti)
(10 dicembre 2013)