Qui Roma – Guardare Israele da sinistra
Guardare Israele attraverso le lenti della sinistra, in particolare di quella italiana, è un esercizio complicato. L’immagine è frammentata, a volte distorta o contraddittoria, modificatasi nell’arco di oltre sessant’anni. Questo rapporto complicato è al centro dell’analisi di Fabio Nicolucci, giornalista esperto di Medio Oriente, e del suo Sinistra e Israele – La frontiera morale dell’Occidente (Salerno editore), presentato ieri all’istituto della Enciclopedia Italiana di Roma. Al suo fianco, l’ambasciatore di Israele a Roma Naor Gilon e lo storico, nonché senatore del Pd, Miguel Gotor. A moderare l’incontro il giornalista Pierluigi Battista.
Dall’autorevolezza di David Ben Gurion all’esperienza socialista dei Kibbutzim, dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967 all’assassinio di Yitzhak Rabin (a cui l’autore, assieme dedica il libro), il libro di Nicolucci passa in rassegna la storia di Israele e mette a fuoco il suo legame con la sinistra, rivolgendo la lente in particolare sull’Italia. Italia che, come spiega l’ambasciatore Gilon, “ha sempre avuto uno stretto legame con Israele. Con la sinistra c’erano diverse convergenze fino alla frattura del 1967, con un capovolgimento di prospettive in favore del mondo arabo. Un cambiamento dovuto più a scelte politiche che di valore”. Da qui l’apertura di una spaccatura il cui effetto si sente ancora oggi, con l’establishment della sinistra sbilanciato in buona parte a favore delle istanze palestinesi. Si propone come equidistante, riflette lo storico Gotor, ma è una finzione, c’è uno sbilanciamento nell’attenzione rivolta al conflitto mediorientale. “Eppure come ricorda Nicolucci – afferma lo storico – Israele è l’Occidente dell’Occidente”. Quella distanza autoimposta dalla sinistra italiana rispetto a Israele, in realtà è molto più labile di quanto non si vorrebbe credere. C’è un ampio terreno di valori comuni tra questi due mondi e Nicolucci li mette in luce. L’autore, nella riflessione di Battista, sottolinea d’altra parte “senza zucchero” le contraddizioni e le controversie emerse nell’arco degli anni. Fino ad arrivare oggi a una preoccupante tendenza, propria dell’estremismo di sinistra, a mascherare pulsioni antisemite dietro alla scusa dell’antisionismo. “E’ nuova modalità di antisemitismo – sostiene Gilon – che si avvolge di questa finzione del politically correct, sostenendo di criticare solo Israele”. L’ostilità di sinistra a Israele si fonda, come rimarcano sia Gotor che Ostellino, sull’idea che i palestinesi incarnino la vittima per eccellenza e di contro gli israeliani, gli ebrei diventano il simbolo dei persecutori. Così emerge un quadro distorto della questione mediorientale in cui peraltro la parte palestinese sembra incarnare il valore della resistenza e la lotta all’imperialismo. Mistificazioni e semplificazioni di un conflitto che non può essere ridotto a semplice scontro tra buoni e cattivi.
Figura emblematica di questa complessità è, nel ricordo dell’ambasciatore Gilon, Yitzhak Rabin, il primo ministro israeliano impegnato nel processo di pace con i palestinesi e assassinato da un estremista di destra il 4 novembre 1995. “In lui convivevano due anime: da una parte quella che guardava alla difesa di Israele come una priorità, con un passato nelle armi da capo di stato maggiore, dall’altra la volontà di raggiungere la pace, per cui diede la vita”, riflette Gilon.
(11 dicembre 2013)