“Il rapimento di Edgardo Mortara, opera di grande valore simbolico”

edgardo mortara media“Il ritorno in Italia dell’opera di Oppenheim avrebbe un grande valore e significato culturale. In quell’opera infatti viene rappresentata una delle vicende più dolorose e laceranti dell’Italia preunitaria. Una pagina ancora poco conosciuta che parla di diritti e libertà negati e dalla quale è possibile trarre un insegnamento valido per ogni generazione affinché sopraffazione, violenza e integralismo religioso e non trovino più spazio nell’Europa dei popoli e delle culture in dialogo”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna commenta l’appello lanciato su Pagine Ebraiche 24 da Elèna Mortara Di Veroli, docente di Letteratura anglo-americana all’Università di Roma Tor Vergata circa le vicende del dipinto “Il rapimento di Edgardo Mortara”, firmato dal pittore ebreo Moritz Oppenhein.
“Il ritrovamento del quadro è un fatto di per sé importantissimo. Il Museo ebraico di Roma però non dispone dei fondi necessari per acquisirlo” spiega la direttrice del Museo ebraico di Roma Alessandra Di Castro, che però tiene a sottolineare i benefici dell’aver riportato alla luce l’opera del 1862, ritenuta perduta per oltre un secolo, che verrà messa all’asta da Sotheby’s a New York il prossimo 17 dicembre (la stima è un valore compreso fra i 200 e i 300mila dollari).
Il quadro offre appunto una vivida testimonianza di ciò che avvenne nella giornata del 24 giugno 1858, quando il piccolo bolognese Edgardo Mortara fu sottratto alla famiglia dalle guardie di Pio IX, perché, battezzato segretamente da una domestica, secondo le leggi dello Stato pontificio non poteva essere cresciuto da genitori ebrei. “L’opera è fondamentale, non solo per il catalogo di Oppenheim, ma per l’iconografia, che racconta l’impatto di ciò che accadde a Bologna: lo Stato pontificio era ancora al potere, gli ebrei italiani diventano un caso internazionale facendo luce su una prassi diffusa all’epoca. E nessuno in Italia avrebbe potuto permettersi un’opera di denuncia come quella che firmò Oppenheim, tedesco e uno dei primi pittori ebrei che si identificavano come tali”.
Nonostante l’impossibilità per il Museo di acquisire il dipinto, Di Castro è comunque positiva. “Che il quadro sia tornato alla luce dopo tanto tempo è straordinario, e oggi esiste, molto più che in passato, la possibilità di ottenere fotografie e riproduzioni, che per noi già sarebbero molto importanti. Anche perché bisogna dire che l’opera in sé è un po’ fuori contesto nella nostra collezione, che comprende più oggettistica che arte figurativa” sottolinea.
Fondamentale sarà comunque assistere all’esito dell’asta la prossima settimana.
“Oppenheim è molto apprezzato in Germania, ma ritengo che un quadro del genere, più che un privato, possa interessare qualche istituzione, con cui magari si potrà collaborare anche per portare il dipinto in Italia in prestito” conclude la direttrice.
Sul fatto che l’opera sarà probabilmente apprezzata più da un museo che da un collezionista concorda anche la storica dell’arte Sharon Reichel che definisce “Il rapimento di Edgardo Mortara” un dipinto non facile da vendere. “Nel mercato di oggi è ricercata soprattutto l’arte contemporanea o moderna. I quadri ottocenteschi così come i soggetti religiosi sono molto meno popolari di un tempo”.

Rossella Tercatin
twitter @rtercatinmoked

(12 dicembre 2013)