“Una corsa che va oltre il ciclismo”
“C’è grande soddisfazione. Per la corsa, per le sensazioni che sono scaturite, per aver proposto un modello organizzativo vincente. Adesso l’obiettivo è quello di internazionalizzarci sempre di più”. Così Harel Nahmani, organizzatore della Gran Fondo di ciclismo del Mar Morto, nel commentare l’esito positivo dell’iniziativa. Una prima volta nel deserto che potrebbe cambiare il volto alla stagione ciclistica israeliana e rafforzare una domanda (di eventi, di qualità, di luoghi di incontro) che si fa crescente. E così, mentre in Europa le due ruote sono in soffitta, ai piedi di Masada va in scena uno straordinario spot per chi ama la bicicletta ma anche la grande storia e quell’intreccio unico tra emozioni e spiritualità possibile soltanto in Israele.
“La Gran Fondo – prosegue Nahmani – ha rappresentato uno spartiacque fondamentale in questo senso. Siamo un paese che può dare tanto al ciclismo, dobbiamo soltanto prenderne coscienza e veicolare le richieste che ci giungono nel modo più adeguato. Consapevoli delle sfide che abbiamo di fronte, siamo già al lavoro per la prossima edizione. Ad aprile ci ritroveremo ad esempio al Nord, alle pendici del Monte Hermon. In tutto 170 chilometri di grande fascino e competitività”.
Molte le nazioni in corsa: dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dalla Germania alla Spagna. Tra i protagonisti della Gran Fondo un giornalista italiano, Pietro Illarietti di Tuttobici, che ha percorso i 155 chilometri di circuito con partenza e arrivo a Ein Bokek. “È stata un’esperienza straordinaria, che va oltre lo sport. In queste giornate ho potuto infatti cogliere tutte le difficoltà contingenti ma anche il desiderio di pace che è comune a israeliani e palestinesi”. L’idea di Illarietti è che si debba arrivare ad offrire vari e propri pacchetti “ciclismo & turismo” che, soprattutto nei mesi invernali, potrebbero riscontrare notevoli interesse in paesi climaticamente più freddi: “Le realtà concorrenti – dice – sono Canarie, Sicilia, Benidorm, California. Rispetto agli Stati Uniti però il fuso orario è limitatissimo e questo è evidentemente un vantaggio. Le premesse sono ottime, bisogna soltanto lavorare su alcune inefficienze logistiche. Anche se l’entusiasmo ha permesso di sopperire alle lacune che si sono manifestate”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(5 gennaio 2013)