Inter e Ghetton per la pace in Medio Oriente
Un calcio alla diffidenza, un calcio alla povertà, un calcio alla palla su sabbia, erba, ghiaia. Tutti uguali nelle fiammanti divise originali nerazzurre e nel sorriso raggiante, in una favola a lieto fine, che in realtà è soltanto all’inizio. Inter Campus, il progetto di responsabilità sociale di FC Internazionale che lavora per l’infanzia disagiata in oltre venti paesi nel mondo, è presente in Israele e Territori palestinesi dal 1999. Ma oggi ha trovato una marcia in più, grazie a un partner che di pallone, giovani e amicizia se ne intende: si tratta di Ghetton, nata a Milano nel 2002 come organizzazione di tornei di calcio a cinque nella Comunità ebraica e poi sbarcata a Tel Aviv insieme al suo fondatore Yasha Maknouz. “Io sono qui dal 2006 – spiega Yasha – e sempre più spesso negli ultimi anni mi capitava di sentire amici milanesi trasferiti qui che parlavano delle partite di Ghetton come di ciò di cui sentivano più la mancanza dell’Italia. Così mi sono detto che si poteva rimediare”.
E in Israele, paese così ricco di differenti nazionalità, Ghetton supera se stessa. Nel 2011, 18 formazioni in rappresentanza di altrettanti Stati disputano il Mundial: a vincere, battendo in finale l’agguerrita Argentina, è la squadra nigeriana, formata da giovani in Israele grazie a un visto come lavoratori temporanei. Così Ghetton diventa non soltanto un’occasione per stare insieme fra amici, ma un incredibile laboratorio di integrazione. “Quest’anno abbiamo organizzato pure i mondiali under 16 – racconta ancora il suo fondatore – Hanno partecipato anche squadre di ragazzi provenienti dai quartieri a sud di Tel Aviv, dove vivono le comunità più emarginate. C’erano il Sudan, l’Uzbekistan, la Turchia… Abbiamo lavorato insieme alle scuole dell’area per coinvolgerli ed è stato un grande successo”.
La collaborazione tra Ghetton e Inter Campus nasce dalla passione e dalla perseveranza di Yasha, nerazzurro dalla nascita, come racconta anche Massimo Seregni, responsabile del progetto per l’area Africa e Medio Oriente. “Purtroppo – spiega – la seconda Intifada e le tensioni politiche avevano intralciato la nostra attività e ci trovavamo in una situazione di impasse. Fino a che non ho ceduto ai tentativi di Yasha per organizzare un incontro. Ci siamo trovati immediatamente sulla stessa lunghezza d’onda: progetti piccoli ma concreti e flessibili, che partano dal basso senza coinvolgere la politica. E così dopo una visita alle finali di Ghetton lo scorso giugno a Milano insieme al nostro portierone Francesco Toldo e un po’ di lavoro in Israele, siamo stati pronti”.
Nelle scorse settimane il programma è stato lanciato: quattro centri di allenamento in diverse aree del paese (il quartiere a sud di Tel Aviv, il kibbutz Shefayim, una città arabo-israeliana, Jaljulia, una palestinese Djayous), una o più sessioni settimanali nelle varie località e incontri periodici fra tutti i bambini, palestinesi, israeliani, arabi, residenti temporanei, ovviamente mescolandoli nel gioco. Ad allenarli ragazzi delle rispettive comunità, individuati da Ghetton e formati dallo staff dell’Inter.
“Così si rompono le barriere e i bambini si ritrovano insieme sul campo – sottolinea Yasha – sempre lavorando su due aspetti, da un lato l’incontro tra diversi e dall’altro il supporto a situazioni di povertà e disagio sociale”. Tanti i progetti in cantiere per il futuro, compreso quello di portare una squadra di piccoli presto a Milano. “Speriamo di trovare i fondi: l’Inter offre le divise e le spese di trasferta dello staff per verificare come procedono le cose, per il resto cerchiamo sovvenzioni e sponsor”. “Abbiamo scoperto che il calcio e un marchio come quello nerazzurro aiutano davvero a superare frontiere impensabili – conclude Seregni – Siamo presenti in Iran, a Cuba, in Libano. È incredibile come, partendo dal pallone, si riesca a lavorare per l’istruzione e la pace”.
E chissà che in futuro l’attività di Inter Campus, che è stata anche premiata dalle Nazioni Unite, non possa ulteriormente intensificarsi. Nel cedere il 70 per cento della società all’imprenditore indonesiano Erik Thohir, la famiglia Moratti ha tenuto Inter Campus per sé. A ricordare come il sorriso di questi piccoli tifosi speciali rappresenta più di ogni cosa il cuore della pazza compagine nerazzurra.
Per sostenere l’iniziativa:
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Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked da Pagine Ebraiche, gennaio 2014
(6 gennaio 2014)