Time out – La violenza delle parole
Vi è un pericoloso equivoco nell’idea che la democrazia consista nella libertà di parola in termini assoluti. Per carità, la bontà delle idee non va decisa per legge, ma non si può pensare che il diritto all’offesa e l’incitamento alla violenza possano costituire una prerogativa della democrazia liberale. Una società dove in nome della libertà nessun comportamento è regolato, più che alla democrazia dei nostri sogni assomiglia allo stato di natura descritto da Hobbes. Un luogo dove il più forte urla di più e ci si augura che sia solo la cultura l’unico antidoto a fermare la violenza. Purtroppo non è così. E per questo sbaglia chi ritiene che Dieudonnè non debba essere punito per le sue affermazioni. Così come chi si crede che insultare un omosessuale non sia reato o semplicemente ingiuriare una persona rientri tra le nostre libertà. Ci sentiamo davvero più sicuri e più liberi in uno Stato dove qualsiasi offesa, anche la più grave, è tollerata in nome di una mal pensata libertà? Il compito dello Stato non è censurare le idee che non condivide, ma intervenire quando queste sono lesive e minacciose della libertà altrui. Dieudonnè va punito per questo. E ci si indigni poco, non è libertà invocare le camere a gas per un ebreo che non ci sta simpatico, ma una forma di violenza, che, come tale va punita e repressa senza alcun indugio.
Daniel Funaro
(9 gennaio 2014)