shechitah…

I tentativi di vietare la macellazione rituale ebraica in Europa sono stati numerosi. La shechitah, infatti, è ritenuta crudele e in contrasto con il metodo di macellazione preceduto dallo stordimento, più ampiamente adottato nel mondo.
“Poi D-o disse: ‘Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne”. (Bereshit 1, 29 – 30)
“Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe”. (Bereshit 9, 3)
Pare evidente una contraddizione tra questi due versetti della Torah, il primo nella Parashah di Bereshit e il secondo nella Parashah di Noach.
I maestri nel Talmud sollevarono il punto centrale della questione: “Disse Rav Yehudah a nome di Rav: Ad Adam HaRishon non era permesso cibarsi di carne, ma all’epoca dei Beneh Noach fu permesso a loro”. (Sanhedrin, 59b; Bereshit Rabba e Yalkut Shimoni e molti altri commentatori: Rashi, Ramban, Rambam, Radak, Abravanel, Malbim, Hirsch).
“Anche gli animali non mangiavano carne” (Rashi in Bereshit 1, 29 come Ramban, Or HaChajim, Malbim; Radak in Bereshit 1, 25)
Secondo la tradizione ebraica, il cibarsi di carne non è un diritto acquisito dell’uomo, ma una concessione a posteriori soltanto in determinate condizioni. In principio la carne era proibita ad Adamo ma più tardi fu permessa ai figli di Noach dopo il Diluvio.
Inoltre, anche al Popolo di Israele la carne era stata concessa a posteriori nel deserto solo in condizioni particolari. Una volta entrati in Eretz Israel le condizioni sono mutate e di conseguenza sono mutate anche le concessioni e le modalità di cibarsi di carne. E qui entra in gioco la macellazione rituale ebraica.
La Torah prescrive norme assai precise per la macellazione di animali terrestri e uccelli, mentre non pone regole sulla macellazione dei pesci. In sostanza, la macellazione rituale ha lo scopo evidente di macellare unicamente animali perfettamente sani; ridurre per quanto possibile le sofferenze dell’animale; privare rapidamente l’animale del sangue, che non può essere consumato, in quanto simbolo di vita.
“Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue” (Bereshit 9, 4). “È una prescrizione rituale perenne per le vostre generazioni in ogni vostra dimora: non dovrete mangiare né grasso né sangue” (Vaikrah 3, 17). “E non mangerete affatto sangue, né di uccelli né di animali domestici, dovunque abitiate” (Vaikrah 7, 26). “Non mangerete carne con il sangue. Non praticherete alcuna sorta di divinazione o di magia” (Vaikrah 19, 26). “Astieniti dal mangiare il sangue, perché il sangue è la vita; tu non devi mangiare la vita insieme con la carne” (Devarim 12, 23).
La macellazione rituale ebraica avviene mediante il taglio della trachea e dell’esofago tramite un coltello molto affilato, mettendo l’animale in condizioni tali da ridurre al minimo lo stato di coscienza dopo il taglio.
Molti si domandano come sia possibile che la Torah, promotrice dei valori universali di sensibilità e compassione verso tutte le creature, consideri la macellazione rituale ebraica, detta shechitah, come l’unico metodo di macellazione possibile, escludendone qualunque altro.
La domanda acquisisce ulteriore peso se si considera che la Torah vieta esplicitamente la provocazione di dolore inutile agli animali. Gli esempi che si potrebbero citare in proposito sono innumerevoli.
Se la Torah considera la compassione un valore tanto essenziale, per quale motivo essa vieta, inoltre, di stordire l’animale in qualunque maniera prima di ucciderlo?
Secondo la tradizione ebraica le leggi della shechitah garantiscono all’animale il minimo dolore e la minor sofferenza possibile. La Torah, infatti, richiede di eseguire la macellazione rituale per mezzo di un particolare coltello perfettamente affilato. La benché minima intaccatura della lama rende il coltello inadatto alla macellazione. E’ necessario, inoltre, che la macellazione venga effettuata con la massima velocità, con un rapidissimo movimento del coltello, affinché l’animale sia sottoposto al minor dolore possibile, se non ad alcuno affatto.
Questa prospettiva tradizionale è stata ampiamente sostenuta anche da una serie di esperimenti concernenti la struttura dei vasi sanguigni e delle arterie del cervello dei mammiferi. Alla base della scatola cranica dei mammiferi si trova una comunicazione tra vasi sanguigni: “Rete mirabile”. Come è noto anche a coloro che sono avulsi dallo studio della medicina (come chi scrive), un’improvvisa perdita di pressione sanguigna in questa parte centrale del cervello porta immediatamente a uno stato di incoscienza in assenza totale di dolore. Non appena il coltello recide le arterie carotidi responsabili di condurre il flusso sanguigno dal collo al cervello, viene interrotto il flusso sanguigno, la pressione cala bruscamente e l’animale perde conoscenza entro un tempo massimo di due secondi, nel corso del quale esso non prova alcun dolore. La macellazione rituale ebraica non provoca alcun dolore all’animale grazie all’affilamento del coltello, alla rapidità con la quale viene effettuato il taglio. Benché il corpo dell’animale sobbalzi in seguito alla perdita di conoscenza che segue il taglio, si tratta soltanto di un riflesso muscolare. Benché sia vero che tutti i mammiferi sono caratterizzati da arterie anteriori e posteriori, in tutti i ruminanti con lo zoccolo fesso, ossia gli animali kosher che la Torah ci consente di consumare, le arterie posteriori presentano una struttura diversa. Mentre in tutti i mammiferi non kosher le arterie posteriori si immettono direttamente nella cosiddetta “Rete mirabile” del cervello, negli animali kosher, la cui consumazione è consentita dalla Torah, esse si collegano a quelle anteriori prima di raggiungere il cervello. Pertanto, la shechitah eseguita sugli animali kosher esclusivamente sulla parte anteriore del collo, interrompe istantaneamente tutto il flusso del sangue al cervello e il sangue nelle arterie vertebrali esce immediatamente dall’apertura creata dal taglio, allontanandosi dal cervello, fatto questo che implica un calo immediato di pressione e la perdita di conoscenza da parte dell’animale, risparmiandogli qualunque dolore. Infatti, negli animali la cui consumazione è permessa dalla Torah, il flusso sanguigno nell’arteria vertebrale raggiunge quello frontale della carotide. Ciò implica un’assoluta assenza di dolore nel corso della macellazione rituale. Tutto ciò lascia trasparire che gli animali kosher non soffrono durante la macellazione.
Esistendo anche la possibilità che un esemplare sia più sensibile al dolore di altri, la tradizione ebraica vieta l’uccisione di un animale in presenza di un suo simile, al fine di risparmiare la benché minima pena a quello ancora in vita.
La macellazione rituale ebraica ci rammenta costantemente quale è l’obiettivo etico dell’umanità. Secondo il pensiero ebraico nel mondo a venire (Olam HaBah) non ci si ciberà più di carne e non si ucciderà: “Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e il leone mangerà il foraggio come il bue. Il lattante giocherà sul nido della vipera, e il bambino divezzato stenderà la mano nella buca del serpente. Non si farà né male né danno su tutto il mio monte santo, poiché la conoscenza del Signore riempirà la Terra, come le acque coprono il fondo del mare” (Yeshayahu, 11, 6 – 9).
Il tempo del Mashiach verrà quando tutta la Creazione vivrà in pace e le creature non si uccideranno più a vicenda. L’obiettivo è proprio quello di ripristinare la Creazione alla condizione di quando l’uomo era nel Giardino dell’Eden. Ma tutto è nelle nostre mani.

Paolo Sciunnach, insegnante

(13 gennaio 2014)