Qui Roma – Memoria: lo sguardo di Anita B.

anita bLa volontà di tornare a vivere dopo la tragica esperienza di Auschwitz, il desiderio di raccontare e non far dimenticare la Shoah, la soffocante coltre di silenzio che molti sopravvissuti hanno trovato al loro ritorno dai campi di concentramento, il sogno di una vita nuova nel nascente Stato di Israele. Anita B., il film di Roberto Faenza presentato ieri in anteprima al cinema Barberini di Roma, apre diversi spunti di riflessione, toccando alcune delle tematiche centrali per il mondo ebraico nel dopo Shoah. Ispirato al romanzo di Edith Bruck Quanta stella c’è nel cielo, la pellicola, che ha ottenuto il patrocinio del Comitato di Coordinamento delle Celebrazioni in Ricordo della Shoah, verrà presentata il prossimo 27 gennaio al museo dello Yad Vashem di Gerusalemme.
Accolto da un lungo applauso da parte del folto pubblico presente, tra cui il presidente UCEI Renzo Gattegna e il vicepresidente Giulio Disegni assieme all’ambasciatore Naor Gilon e al vicepresidente della Comunità ebraica di Roma Giacomo Moscati, Anita B. – prodotto da Jean Vigo Italia in collaborazione con Cinemaundici e Rai Cinema – racconta la storia di una giovane ebrea ungherese, sopravvissuta ai campi di concentramento, che prova a ricostruirsi una vita nella neonata Cecoslovacchia, controllata dall’Armata russa. Ospite della zia (l’attrice Andrea Osvart), l’adolescente, interpretata da Eline Powell, si troverà a scontrarsi con la barriera di silenzio dei famigliari di fronte alla sua volontà di raccontare l’esperienza nel campo di concentramento. Per Anita però la costruzione del futuro passa necessariamente dal conservare la memoria di ciò che è stato, ricordare la sofferenza, l’assassinio dei genitori. Consegnare all’oblio il vissuto della Shoah sarebbe un’ulteriore offesa alle milioni di vittime cadute sotto la mano dei nazifascisti.
In questo quadro di riflessione sul ruolo della Memoria, si inserisce poi la difficoltosa storia d’amore tra la protagonista e il cognato Eli (Robert Sheehan). Un rapporto che porterà Anita a una precoce maternità e alla delusione amorosa. Sullo sfondo, il sogno di Gerusalemme, di Eretz Israel, il luogo dove far rinascere, con il bambino in grembo, la speranza. Un nuovo mondo dove abbandonare l’Europa delle leggi razziste, della deportazione, dell’odio antiebraico. Quell’Europa, bagaglio di dolorosi ricordi che Anita vuole comunque portare con sé perché “senza memoria non c’è futuro”.
“Mi interessava portare sullo schermo il ritorno alla vita normale dopo Auschwitz, perché c’è un vuoto cinematografico su questo argomento”, ha spiegato il regista Faenza negli scorsi giorni, sottolineando peraltro come lo strumento cinematografico sia utile a tenere in vita la memoria. Il film di Faenza ha ricevuto l’apprezzamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha inviato un messaggio per l’anteprima romana, lodando le nuove prospettive aperte dalla pellicola sugli eventi dopo la Shoah. Il presidente Napolitano ha inoltre colto l’occasione per esprimere la sua solidarietà alle comunità ebraiche italiane.

(15 gennaio 2014)