Qui Torino – “Una sintesi di giustizia sociale”
“L’amicizia tra ebrei e cristiani si fonda sulla consapevolezza del patrimonio culturale e religioso che ci è comune, pur nel riconoscimento e nel rispetto delle differenze esistenti.” Queste parole, pronunciate dal presidente della Comunità di Torino Beppe Segre durante il suo intervento rendono bene il clima in cui si è svolto l’incontro in occasione della Giornata della riflessione ebraico-cristiana, dopo i saluti di Don Andrea Pacini, presidente della Commissione Diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo, di Eugenia Ferrari, presidente delle Comunità Cristiane Evangeliche e di Maria Ludovica Chiambretto, presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana di Torino. Papa Benedetto XVI, in occasione della sua visita alla Sinagoga di Roma nel gennaio 2010 dichiarò che “Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse radici, ma rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro. Spetta a noi lavorare affinché rimanga sempre aperto lo spazio del dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comune testimonianza di fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano a collaborare per il bene dell’umanità in questo mondo creato da Dio”.
Dopo la citazione di Beppe Segre, che ha ricordato come Dante Lattes insegnasse che nelle parole “Non Rubare”, non c’è solo la proibizione del furto, bensì qualcosa di più profondo, che va dalla questione sociale a tutto il problema della giustizia umana, della vita e dei rapporti tra gli uomini Rav Somekh ha tenuto una lezione proprio sull’ottavo comandamento, e su cui il presidente della Comunità ha aggiunto che “È una sintesi di un programma di giustizia sociale: lascia una parte del raccolto al povero e alla vedova, non frodare lo straniero, dai la giusta retribuzione all’operaio, restituisci il mantello a chi non ha altro per la notte, i saggi non si lascino corrompere dai doni preziosi…”
La lezione del rav, capace come sempre di portare i presenti a riflessioni nuove anche su concetti noti, è stata imperniata sul senso profondo delle parole Non rubare, non solo una difesa della proprietà, ma incitamento a coerenza e rettitudine a tutto tondo. “Il divieto del furto si trova nella Torah in due contesti differenti: oltre che nei Dieci Comandamenti è ripetuto all’inizio di quella serie di precetti negativi di natura etico-sociale che culminerà nel comandamento positivo ‘ama il prossimo tuo come te stesso’: ‘non rubate, non nascondete la verità, né mentite ciascuno con il suo prossimo e non giurate il falso nel Mio Nome’. Commentano i Maestri d’Israele che ‘una trasgressione trascina l’altra’: chi ruba finisce per nascondere la verità e poi per mentire spudoratamente fino a giurare il falso per negare ogni addebito, contravvenendo a quell’orrore per la menzogna che caratterizza l’etica biblica”.
E come spesso accade, nel Talmud – ha raccontato rav Somekh – si trovano esempi illuminanti.
“Il Maestro Mar Zutrà una volta fu ospite di una locanda. Durante il suo soggiorno sparì una preziosa coppa d’argento di proprietà del titolare. Un giorno Mar Zutrà notò un ospite che dopo essersi lavato le mani se le asciugava nel cappotto di un’altra persona. Mar Zutrà chiamò immediatamente il proprietario. ‘Faccia arrestare quest’uomo – ordinò -, è lui il ladro: ho notato che non ha nessuna attenzione per gli oggetti di proprietà altrui’. Accusato del fatto, il ladro sorpreso ammise di aver in effetti rubato la coppa d’argento.”
E il rav ha poi ricordato che il furto non è proibito solo a livello individuale, ma anche collettivo: “se la disonestà e l’illegalità sono introdotte nella vita commerciale e sociale quotidiana della gente tanto da diventare la caratteristica nazionale di un popolo, se diventano un comportamento al quale ci si abitua a tal punto da perdere lo stigma di qualcosa da evitare, e che potrebbe persino diventare un’arte commendevole, questo agli occhi di D.o rimane egualmente reprensibile, in quanto furto.
Senza dimenticare che nel pensiero ebraico il fine non giustifica i mezzi. Fini giusti possono essere perseguiti solo tramite mezzi giusti.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(17 gennaio 2014)