Claudio Abbado (1933 – 2014)
Schivo, attento al valore e al suono di ogni parola, più volentieri ascoltava, raramente accettava un’intervista, e anche in quel caso erano lunghi silenzi. Claudio Abbado tendeva a ritrarsi, perché “ascoltando s’impara, e così dovrebbe essere anche nella vita: se tutti gli uomini conoscessero meglio la musica, le cose funzionerebbero assai meglio”. Aveva compiuto ottant’anni lo scorso giugno, e la Deutsche Grammophon per l’occasione aveva lanciato un cofanetto speciale, che raccoglie svariati cicli sinfonici da lui diretti.
È stato uno dei musicisti più ammirati, diventando un vero mito, molto amato anche per alcune sue scelte forti, come quella di devolvere quello che riceveva in quanto Senatore a vita per creare borse di studio alla Scuola di musica di Fiesole. Un’attenzione, quella per i giovani, che lo ha portato a creare varie orchestre giovanili, e conosceva molto bene e ammirava “El Sistema” venezuelano, che considerava un ottimo modello, la prova che la musica salva davvero i ragazzi dalla criminalità, perché, diceva, “facendo musica insieme trovano se stessi”. La modernità, il futuro, sono sempre state dimensioni amiche del Maestro, che nella Vienna da lui considerata luogo di conservazione creò il festival Wien Modern, luogo di promozione di autori contemporanei. Un’altra idea che gli è sempre stata particolarmente cara era la creazione di spazi per la musica: fu l’anima della costruzione del nuovo Auditorium del Lingotto, a Torino, progettato da quello stesso Renzo Piano con cui ha sognato e progettato l’Auditorium per Bologna.
La sua grande capacità di ascolto e di attenzione per il futuro, sia che passasse attraverso i giovani, o attraverso la sua spinta alla creazione di luoghi dove godere della musica, era sostenuta da radici solide, profondamente ancorate a una storia familiare di tutto rispetto. Da suo nonno Guglielmo Savagnone, docente di diritto romano all’Università di Palermo, traduttore dall’aramaico (fu scomunicato – e ne era molto fiero – per la sua traduzione dal testo originale del Vangelo, in cui scoprì che il fondatore del Cristianesimo aveva fratelli e sorelle), che ebbe una grande influenza su Claudio Abbado, come esempio di saggezza, al padre che con la sua durezza – era violinista e insegnante al conservatorio – gli ha presto insegnato che “le cose cominciate vanno concluse e non rinviate”.
Fu molto condizionato dal clima tremendo del periodo fascista, dal suono delle fucilazioni di partigiani che sentiva nelle vie vicine, e ricordava con particolare emozione un’irruzione a casa sua della Gestapo, che avvenne per sua colpa. “Col gesso, sul muro esterno, avevo scritto ‘viva Bartòk’. Ero entusiasta del compositore ungherese, si cui stavo studiando dei pezzi, ma quelli della Gestapo pensarono che fosse il nome di un partigiano. Per dissuaderli dovetti mostrare loro una partitura di Bartòk!”. Della madre invece ricordava la grande generosità. Durante la guerra fece scappare vari partigiani e riuscì a far passare in Svizzera molti ebrei in fuga dal fascismo e dal nazismo, e scrisse poi numerosi libri per ragazzi.
Lui stesso ha scritto “La casa dei suoni” un libro ber ragazzi (ed babalibri) illustrato da Cardoni in cui racconta con grande semplicità e chiarezza la sua passione per la musica, e spiega quali sono gli gli strumenti che compongono un’orchestra e come funziona le scrittura musicale. E come questo complesso meccanismo fatto di molteplici ingranaggi deve organizzato e valorizzato da un direttore lavori: il direttore d’orchestra, appunto.
Dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza – impegnata in queste ore nel Viaggio della Memoria a Cracovia e Auschwitz Birkenau assieme al presidente Ucei Renzo Gattegna, al presidente del Senato Pietro Grasso, e ad alcuni Testimoni – è arrivato questa mattina un riconoscimento del suo impegno per i giovani: “Proprio per ricordare il suo impegno per lo studio della musica quest’anno dedicheremo a Claudio Abbado i premi destinati agli studenti iscritti alle istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica”.
Nonostante fosse già molto debilitato lo scorso agosto ha diretto un concerto alla Konzertsaal di Lucerna, una esecuzione della Terza Sinfonia di Beethoven di grandissima intensità, accolta con un’ovazione di venti minuti. Perché “L’età come dato anagrafico non significa nulla. Quello che conta negli individui è la personalità”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(20 gennaio 2014)