Scuola, il futuro della Memoria
“Dovete far sì che queste cose non succedano mai più, che domani l’Italia e l’Europa siano migliori. Questa memoria deve trasformarsi in storia e dobbiamo sentire la responsabilità di portare con noi il significato di questa esperienza”. Parole dirette agli studenti dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, in visita ad Auschwitz in occasione del Viaggio della Memoria, a cui ha partecipato il presidente del Senato Pietro Grasso. Al loro fianco il presidente UCEI Renzo Gattegna con cui il ministro ha firmato una circolare per consolidare il lavoro sul insegnamento della Shoah nelle scuole, svolto congiuntamente dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Corriere.it). A raccontare a giovani gli orrori della vita nel campo di concentramento, i Testimoni Sami Modiano e Andra e Tatiana Bucci, affiancati dallo storico Marcello Pezzetti, direttore del Museo della Shoah di Roma (Avvenire).
Il Giorno della Memoria dovrebbe rimanere fuori da polemiche legate alla politica. Eppure si è fatta sentire ieri l’assenza del primo cittadino di Napoli, Luigi De Magistris alla presentazione delle iniziative per la Giornata della Memoria del prossimo 27 gennaio con il rabbino capo di Napoli e del Meridione Scialom Bahbout. Alle critiche il sindaco, tornato dal discusso viaggio in Cisgiordania dove ha ricevuto la cittadinanza onoraria palestinese, ha risposto che “il Comune di Napoli ha organizzato, insieme alla comunità ebraica di Napoli, le iniziative per la Giornata della memoria, a cui parteciperò come sempre ho fatto, essendo convinto che non ci sia futuro democratico per un Paese senza memoria, in particolare della tragedia della Shoah”(Il Mattino).
Con l’approssimarsi del 27 gennaio la Memoria è uno dei temi di riflessione su cui si soffermano i quotidiani italiani. Se sul Messaggero si da spazio alla spinosa questione taglio annunciato dal Campidoglio su viaggi delle Memoria (scelta obbligata spiegano dal Comune di Roma), il Corriere della Sera si sofferma su una storia di testimonianza che intreccia la tragedia della Shoah a quella dei desaparecidos in Argentina. E’ la storia di Vera Vigevani Jarach, che perse il padre ad Auschwitz, e della figlia Franca, scomparsa nelle mani della dittatura militare argentina.
“L’opera di ricovero e salvataggio (degli ebrei) fu chiaramente coordinata dai vertici della Chiesa” e “la ricostruzione storica dell’aiuto che prestò la Chiesa non è frutto di posizioni ideologiche filocattoliche ma nasce da puntuali ricerche”. Prende posizione dalle pagine dell’Osservatore romano la storica Anna Foa, come già in passato, in merito alle valutazioni del ruolo avuto dalla Chiesa, e dalle sue alte cariche, durante il periodo della persecuzione ebraica da parte del nazifascismo. Secondo Foa a cancellare “l’immagine proposta negli anni Sessanta di un papa indifferente alla sorte degli ebrei o addirittura complice dei nazisti” sono lo studio e la ricerca storica condotte in questi anni sulle “modalità con cui fu portata avanti l’opera di ricovero e salvataggio dei perseguitati” (in merito la storica cita tra gli altri l’ultimo lavoro dell’ex ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio), in particolare “sulla vita degli ebrei durante l’occupazione, dalla ricostruzione di storie di famiglie o di individui”. A fianco a questa analisi storica, Foa propone poi la tesi per cui la convivenza obbligata tra i cattolici e gli ebrei che trovarono rifugio negli istituti ecclesiastici sia stato il retroterra su cui avviare il dialogo tra i due mondi, un dialogo iniziato dal basso seppur interrotto nell’immediato dopo guerra e poi riavviato nel corso degli anni. “Io credo – scrive la storica -che questa familiarità nuova e improvvisa, indotta senza preparazione dalle circostanze, in condizioni in cui una delle due parti era braccata e rischiava la vita ed era quindi bisognosa di maggior “carità cristiana”, non sia stata senza conseguenze sull’avvio e sulla recezione del dialogo”.
“Non avrai altro Dio” titola la Repubblica raccontando l’ultimo lavoro pubblicato dalla Commissione Teologia Internazionale (organo costituito da 30 teologi scelti dal papa a livello internazionale) Dio Trinità, unità degli uomini – monoteismo cristiano contro la violenza. Il testo, come spiega Vito Mancuso, vuole confutare l’idea che il monoteismo possa essere rietenuto potenzialmente violento. “Le religioni monoteistiche – scrive Mancuso- sono ebraismo, cristianesimo e islam, ma secondo la Cti è soprattutto il cristianesimo a essere sotto tiro da parte di ampi settori dell’intellighenzia occidentale definiti «ateismo umanistico, agnosticismo, laicismo», i quali invece risparmierebbero l’ebraismo per rispetto della shoà e perché privo di proselitismo”. Il testo del Cti prova a dimostrare la connessione organica tra cristianesimo e non-violenza. Secondo Mancuso, però, sono troppe le domande che rimangono senza risposta. “Basti considerare – scrive la firma di Repubblica – che fenomeni quali inquisizione, roghi di eretici e di libri, caccia alle streghe, conversioni forzate di individui e di popoli, neppure sono nominati”.
“L’Iran non è “open for business”. Il regime delle sanzioni che era attivo fino a ieri lo è ancora oggi, e noi applicheremmo la legge nei confronti di chiunque lo violasse”. Lo afferma un alto funzionario dell’amministrazione Obama, come riporta La Stampa. Un monito contro chi vorrebbe riaprire le relazioni commerciali con Teheran, che ha ancora molto da dimostrare in merito all’accordo di fermare l’arricchimento nucleare per scopi bellici.
Daniel Reichel
(21 gennaio 2014)