Qui Roma – Sette domande per crescere

pacifici gomel zevi magiarLa voglia di stare assieme, la necessità di condividere, l’amore sincero e disinteressato per Israele, il rispetto dell’altro nella diversità delle opinioni e delle identità, i limiti che devono essere posti dalla Legge ebraica e dal sentire comune della comunità a chi assume comportamenti devianti o potenzialmente pericolosi. Questi i valori posti al centro della lezione impartita dal rabbino capo della Capitale, rav Riccardo Di Segni, in una serata densa di emozioni e di insegnamenti. In una sala gremita del centro sociale di via Balbo, lo stesso luogo dove la scorsa settimana si erano trascorse ore di tensione nel corso di un dibattito dedicato alla presentazione del libro “La sinistra e Israele”, il Rav ha condotto un incontro che era molto atteso dagli iscritti della Comunità. A giudicare dagli umori registrati in sala, la serata ha finito per rispondere in larga misura alle molte esigenze di cui erano portatori i partecipanti. Spiegare meglio le proprie ragioni, scusarsi degli errori e dei torti, compiere passi avanti sulla strada della pace, della concordia e dell’accettazione, imparare dalle Fonti ebraiche, ma, soprattutto, crescere ponendosi degli interrogativi. Nel corso del dibattito ha avuto fra l’altro occasione di intervenire fra i tanti anche l’economista Giorgio Gomel, cui il Rav ha voluto offrire l’occasione di spiegare in prima persona i reali intendimenti e il suo pensiero riguardo ad affermazioni e valutazioni estreme espresse in passato e concernenti la realtà israeliana considerate inaccettabili e provocatorie da altre componenti della comunità.

Al di là della sostanziosa e importante analisi di molti fonti ebraiche che ha aperto la serata; al di là del dibattito, che ha visto nei suoi molti interventi la presentazione lacerante di tante posizioni e sensibilità diverse, ma che in definitiva è stato superato da tutti gli intervenuti con una prova di crescita e di maturità; sono proprio gli interrogativi, le domande che il Rav ha sollevato e che ha idealmente consegnato per una profonda riflessione a tutti i componenti della comunità, che hanno costituito il baricentro e il fattore determinante della serata.

Una responsabilità importante, ha sottolineato, che grava su ognuno di noi e cui ognuno deve rispondere sulla base di una profonda e serena riflessione personale.

Le riportiamo qui di seguito, offrendo al lettore in un testo separato le riflessioni della redazione e rimandando ad altra sede ogni dibattito e ogni approfondimento al riguardo, perché ogni lettore le prenda in consegna e ne faccia l’uso migliore. Ma soprattutto perché i fatti di questi giorni costituiscano, al di là delle incomprensioni, una grande occasione di crescita per tutta la collettività.

LE SETTE DOMANDE SOLLEVATE DAL RAV

1.La durezza delle nostre posizioni nei confronti di Israele, in qualsiasi senso, nasce da una scelta libera e cosciente, o è il sostituto psicologico di problemi personali non risolti?

2 Le nostre posizioni su Israele nascono da scelte personali o si conformano a idee di gruppo accettate più o meno acriticamente?

3 Il nostro attivismo politico su Israele è motivato dalla passione o c’è anche qualche ambizione di carriera, di posizione sociale e di lavoro? Siamo capaci di non sfruttare a nostro vantaggio i benefici derivanti da un’esposizione pubblica come ebrei e di distinguere l’impegno ebraico dalla nostra vita privata o pubblica di lavoro o politica non ebraica?

4 Quando attacchiamo altri ebrei in nome di Israele, abbiamo verificato la nostra personale coerenza ebraica: abbiamo costruito una famiglia ebraica, educato ebraicamente, fatto Tzedaqà, rispettato le regole basilari? Cosa abbiamo fatto e facciamo per il futuro fisico e spirituale del popolo ebraico?

5 Quando prendiamo posizione da qui nei confronti di Israele ne abbiamo valutato le conseguenze, ci siamo fatti carico delle responsabilità, calcolato cosa rischiamo noi qui e cosa rischiano in Israele? Quando è stata l’ultima volta che siamo saliti su un autobus in Israele?

6 Quando attacchiamo chi non la pensa come noi lo facciamo in nome dei principi o ci mettiamo dentro anche vecchi asti famigliari, sociali, invidia, desiderio di potere politico a tutti i livelli, dalla strada ai consigli comunitari, alle presidenze, ai rapporti con le autorità?

7 Quando attacchiamo qualcuno in nome del bene di Israele abbiamo ben chiaro il concetto e la Mitzwà di Ahavat Israel, del rispetto che si deve ad ogni fratello/sorella anche se lo consideriamo deviante, ne abbiamo considerato la sua storia personale? Il nostro desiderio è quello di convincere uno che sbaglia e si vuole soltanto reprimere un dissenso?

Alla serata ha preso parte un pubblico numeroso, attento ed estremamente partecipe. Erano fra gli altri presenti in sala i Consiglieri dell’Unione delle Comunità Ebraiche Sabrina Coen, Elvira Di Cave, Noemi Di Segni, Alessandro Luzon, Simona Nacamulli, Riccardo Pacifici, Daniela Pavoncello, Barbara Pontecorvo, Raffaele Sassun e Luca Zevi.

Adam Smulevich

(nell’immagine un momento di serenità fra alcuni partecipanti al termine della lezione del rav e dell’incontro)

(23 gennaio 2014)