“Grazie, amici nella bufera”

ritaTre lettere inedite, indirizzate a chi venne loro in soccorso nei mesi più bui, in cui Rita Levi Montalcini e sua sorella Paola ricordano il periodo trascorso in clandestinità a Firenze in un appartamento di via Cavour citato dalla scienziata nell’autobiografia “Elogio dell’imperfezione”. A gettare nuova luce su questa vicenda è il numero di febbraio del mensile dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, che ha raccolto l’inaspettato ritrovamento da Laura Leoncini, discendente di quella Consilia che, con la complicità dei suoi cari, scelse di prolungare l’affitto dello stabile alle sorelle Montalcini e a loro madre Adele anche quando fu chiaro a tutti che non si trattava di tre donne cattoliche pugliesi dirette verso Meridione ma di un famiglia ebraica braccata dal regime per motivi razziali. Negli scorsi giorni Leonardo Coen ha raccontato la storia di questo inaspettato ed emozionante ritrovamento da parte di Pagine Ebraiche in un articolo a tutta pagina uscito sul Fatto Quotidiano.

Un cassettone accantonato per anni in un angolo che torna protagonista in un momento di riorganizzazione degli spazi abitativi, documenti e testimonianze che raccontano di un’epoca tormentata in cui il coraggio si pagava a prezzo della vita e che gettano luce su un sentimento di riconoscenza mai venuto meno nel tempo. Storie di coraggio, salvatori e salvati nella Firenze nazifascista. Tre lettere inedite in cui Rita Levi Montalcini e sua sorella Paola ricordano i mesi trascorsi in clandestinità nell’appartamento di via Cavour 84 citato dalla scienziata nell’autobiografia “Elogio dell’Imperfezione” pubblicato in seguito al conferimento del Premio Nobel per la Medicina del 1986. A condividere con Pagine Ebraiche questo straordinario e inaspettato ritrovamento è Laura Leoncini, discendente di quella Consilia che, con la complicità dei suoi cari, scelse di prolungare l’affitto dello stabile (oggi distrutto per far posto a un hotel) alle sorelle Montalcini e a loro madre Adele anche quando fu chiaro a tutti che non si trattava di tre donne cattoliche pugliesi dirette verso Meridione ma di una famiglia ebraica braccata dal regime per motivi “razziali”.
Un’azione meritoria di cui Rita e Paola conserveranno memoria per tutta la loro vita e che affiora oggi con nuova evidenza. Sono le lettere riscoperte da Laura a raccontarcelo. La più significativa è forse quella datata 20 gennaio 1947. Il ricordo delle persecuzioni è ancora fresco e doloroso: Rita prende carta e penna e scrive a Ferruccio, padre di Consilia, per esternare tutta la sua gratitudine e per assicurare che la gentilezza e l’ospitalità dimostrata dai Leoncini (“mentre fuori infuriava la grande bufera”) sarà sempre nel loro cuore. Tra le varie annotazioni c’è spazio anche per una punta di malinconia. Quelli fiorentini erano infatti tempi difficili ma, scrive la scienziata, “allora si viveva tutte insieme e non capitava come adesso che io mi assenti per tutta la giornata, anche troppo assorbita dal mio lavoro”. E così, spaccati della sua intensa attività di ricerca che proprio in quegli anni germoglierà verso i più straordinari successi scientifici si fondono con la memoria di Firenze, dei bei gerani della signora Consilia e del legame instarautosi con il patriarca Ferruccio e con la nipote Cosetta. “Il freddo che è stato molto intenso nei giorni scorsi adesso si è notevolmente mitigato e si sente già il soffio della primavera. Penso – scrive Rita da Torino – che tra non molti giorni il signor Ferruccio riprenderà le sue gite pomeridiane verso il Viale dei Colli e per ammirare i mandorli fioriti rincaserà tardi e farà inquietare la signora Consilia. Non è così?”.
Nel maggio del 1946, rispondendo in ritardo a una lettera di auguri “cumulativa” per le festività pasquali, teme di aver ferito la sensibilità dei suoi salvatori e infatti esordisce con queste parole: “Non vorrei che pensassero che abbiamo dimenticato via Cavour 84. Le ricordiamo moltissimo e con immutato affetto e simpatia”. La spiegazione del ritardo, si premura immediatamente di sottolineare, è che la cartolina le è arrivata in un momento in cui era preoccupata per il nipotino “ammalato di broncopolmonite” e in cui sua madre Adele la impegnava “nella qualità di medico”.
Nella lettera traspare inoltre una certa inquietudine per le condizioni di salute della signora Stefania, anche lei affituaria dai Leoncini e testimone dei giorni più difficili (“È sempre loro ospite? Vorrei tanto sapere come va con la protesi…”). Nella già citata epistola del ‘47 Rita tornerà sull’argomento: “Mi addolora tanto che sia così sofferente. La prego di dirle con quanta simpatia e affetto la pensi e come vorrei saperla meno dolorante”.
La terza lettera è del 6 dicembre 1990, è firmata da Paola ed è portata al capezzale di Cosetta da Rita. Esprimendo vicinanza per le “melanconiche giornate” trascorse da questa in ospedale, l’autrice si commuove nel ricordo di un precedente incontro a casa Montalcini: “Ti pensiamo con tutto il nostro affetto e ricordando la gioia che ci diede la tua visita a Roma”. Anche Paola non sta bene e infatti la grafia non è quella frizzante di un tempo. “Scuserai lo scritto”, si preoccupa di farle sapere prima di apporre la firma su quello che sarà l’ultimo pensiero per l’amica in fin di vita.

Adam Smulevich, da Pagine Ebraiche febbraio 2014

Un primo ricordo di Firenze (maggio 1946)

Carissima signora Consilia e Cosetta,
rispondo in ritardo ai loro cari auguri cumulativi per Pasqua e la prego di scusarmi. Non vorrei che pensassero che abbiamo dimenticato via Cavour 84. Le ricordiamo moltissimo e con immutato affetto e simpatia, ma la loro cartolina mi è arrivata in un momento in cui ero preoccupata per mio nipotino ammalato di broncopolmonite e in cui anche mamma mi impegnava nella mia qualità di medico. Un’iniezione fatta dalla nostra Teresa per uno svenimento ha determinato un ascesso che ha richiesto due spiacevoli incisioni. Aggiunto a questo uno stato di notevole esaurimento e anemia che mi inquietava. Attualmente sta meglio ma ancora non è ritornata come loro la conoscono. Appena completamente guarita dell’ascesso, andrà qualche giorno a Rapallo con Paola e, se mi sarà possibile, andrò anche io un poco con loro. In quanto al nipotino – uno dei gemelli – non è ancora guarito, ed io lo assisto come posso con il mio (…) che è il medico curante. A queste preoccupazioni si aggiunge il mio lavoro, che mi assorbe sempre di più e fa brontolare la mamma perché mi tiene completamente lontana da casa.
Penso anzi che mamma si sia ammalata per obbligarmi a lasciare un poco il laboratorio e occuparmi un po’ più di lei. Alla domenica, molto sovente, vado in montagna da Guido, e prendendo il sole, penso a tutto quello che ho preso sulla loro simpatica terrazza. Come sta il nonno? E Stefania è sempre loro ospite? Vorrei tanto sapere come va con la protesi. Spero in lei Cosetta cara per notizie un po’ particolareggiate di tutti loro. La sua mamma mi pare come la mia, piuttosto pigra a scrivere. Nella speranza di avere presto l’occasione di venire a trovarle, invio a tutti loro i miei più affettuosi saluti.

Rita

Carissima signora Consilia e carissima Cosetta,
gli auguri che contraccambio anche in ritardo non sono per questo meno affettuosi e sinceri…loro lo sanno. Rita ha accennato loro ai malanni familiari che, se Dio vuole, stanno sia per la cara mamma che per il piccolo Guido scomparendo completamente. Il piccolo di nostro fratello sta diventando imprevedibilmente (dati i primi mesi) carino, chiacchierino e affettuoso. Da qualche mese si è annunciato il secondo. Poiché loro pensano a non lasciar estinguere la specie…io non me ne preoccupo e continuo a pittare, anzi il 12 giugno inaugurerò una mostra qui a Torino con dipinti quasi tutti recentissimi – assai meglio che quelli di Firenze. Forse il nonno vedendoli mi conforterebbe della sua approvazione. Forse con la stagione buona ha ripreso anche lui la matita, mentre la cara signora Consilia starà lanciando completi primaverili ed estivi degni di patoux assistita dalla cara Cosetta. Sui nostri giornali si legge continuamente che le macchine di Ernesto Magnolfi stanno per oscurare anche la Galilei, ma ne voglio conferma. E la cara Stefania? Spero aver presto notizie più diffuse di tutti, anche dei Leoni e delle Leonette. Molto affettuosamente.

Paola

I bei gerani rossi (gennaio 1947)

Carissimo signor Ferruccio, dunque ci si ricorda sempre e con la stessa simpatia che noi sentiamo per lei, per la signora Consilia e per tutti i suoi cari. Anche noi non dimenticheremo mai quei mesi passati insieme di tanta trepidazione, né potremo certo dimenticare con quanta ospitalità e gentilezza ci hanno accolto mentre fuori infuriava la grande bufera. Mamma ricorda sempre con molta nostalgia la sua camera di via Cavour 84. Allora si viveva tutte insieme, e non capitava come adesso che io adesso mi assenti per tutta la giornata – anche troppo assorbita dal mio lavoro – e appena ci si veda un momento a cena. Credo che se potesse vorrebbe ritornare a quei tempi e baratterebbe volentieri la grande stufa (sempre affamata di legna) con lo scaldino a carbone preparato con tanta cura dall’ottimo signor Ferruccio. Ed io ripenso molto sovente alla terrazza fiorita dove ho passato tante ore serene in contemplazione, sdraiata al sole come una lucertola, e mi chiedo quando ritornerò, almeno di passaggio per salutare lei, la signora Consilia e i bei gerani rossi. Saranno fioriti allora? Io partirò per l’America (St. Louis Missouri) quasi certamente in agosto, ma come ho scritto a Stefania vorrei tanto prima di imbarcarmi (rimarrò in America un anno) passare a Firenze e salutare i cari amici di via Cavour 84. Per i mesi invernali non mi è possibile pensare a un viaggio, ma verso Pasqua o nei mesi successivi spero vivamente di poter fare una scappata. Mi addolora tanto che Stefania sia sempre così sofferente, e la prego dirle con quanta simpatia e affetto la pensi e come vorrei saperla meno dolorante. La sua forza di volontà e il suo coraggio sono veramente messi a dura prova. Noi tutti bene, se pure mamma sempre piuttosto anemica e in complesso meno fiorente di quanto non fosse a Firenze. Paola dipinge molto e ha grande successo. Io sono sempre in laboratorio, circondata da una bella famigliuola di embrioni di pollo che crescono sani e prosperosi malgrado i miei interventi chirurgici molto demolitivi. Le scrivo appunto dal mio tavolo di lavoro vicino a una grande stufa da legno che manda un gradevolissimo tepore, mentre dalla finestra vedo il parco del Valentino e la collina coperti di neve. Il freddo che è stato molto intenso nei giorni scorsi, adesso si è notevolmente mitigato e si sente già il soffio della primavera. Penso che tra non molti giorni il signor Ferruccio riprenderà le sue gite pomeridiane verso il Viale dei Colli e per ammirare i mandorli fioriti rincarerà tardi e farà inquietare la signora Consilia. Non è così? A lei, alla carissima signora Consilia e a tutta la famiglia (a Cosetta in particolare) i miei più affettuosi saluti e quelli di mamma e Paola.

Rita

Il triste commiato (dicembre 1990)

Alla carissima Cosetta,
le tue care notizie giunte dal caro Leone e poi dal dottor Pier Paolo, ci hanno dato modo, almeno con il pensiero, di esserti più vicina e seguire con te, cara, queste melanconiche giornate in ospedale. Ti pensiamo con tutto il nostro affetto e ricordando la gioia che ci diede la tua visita a Roma. Avrei tanto desiderato venire con la cara Rita a visitarti, ma con il più grande rammarico ho dovuto rinunciare. Ti sono tanto vicina, infiniti auguri. Scuserai lo scritto.

Paola

(29 gennaio 2014)