Qui Milano – L’Italia di fronte alla persecuzione
Interrogarsi sulla consapevolezza di ieri per trovare risposte su quella di oggi. È il ritratto di un’Italia “brutta” quello che è stato discusso nel corso della presentazione del volume “Di pura razza italiana. La reazione degli italiani ‘ariani’ ai provvedimenti contro gli ebrei (1938-1943)” di Mario Avagliano e Marco Palmieri (Baldini e Castoldi editore). A discuterne con Avagliano alla libreria Feltrinelli di piazza del Duomo a Milano, il direttore della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea Michele Sarfatti e lo storico David Bidussa, introdotti dal coordinatore dei dipartimenti Informazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale.
“La consapevolezza di quanto stava accadendo agli ebrei in Europa in quegli anni era molto più forte di quanto non siamo abituati a immaginare” ha sottolineato Sarfatti, citando lettere e documenti dell’Italia dell’epoca da cui traspare la conoscenza del destino di coloro che si trovavano sotto la giurisdizione del regime nazista. Un dato che deve far meditare sul processo di assunzione delle responsabilità, ancora oggi lacunoso, come ha ricordato Vitale “un tema su cui dobbiamo fare i conti a maggior ragione nelle riflessioni relative al Giorno della Memoria”.
E proprio su quanto è accaduto a partire dall’istituzione del Giorno della Memoria nel 2000 ha ragionato Bidussa. “Negli ultimi 15 anni abbiamo voluto riscoprire questa parte di storia, ma ci siamo raccontati soltanto due figure: le vittime e gli spettatori che tentarono di fare qualcosa per fermare l’orrore. Non ci siamo concentrati sui carnefici, e certamente non ci siamo occupati di tutti quegli spettatori entusiasti nei confronti di quanto stava accadendo. Questo libro ha il merito di aprire molte porte, e di farlo in maniera non urlata” ha sottolineato lo storico.
Tra i vari spunti suggeriti dall’autore, il fatto che, specie nel primo periodo, l’antisemitismo era assai più diffuso e radicato nei ceti alti, negli intellettuali, che non nelle classi sociali più basse e negli analfabeti. “Opportunismo, sciacallaggio, indifferenza che sfocia nella complicità” gli atteggiamenti con cui la società italiana accolse generalmente la persecuzione antiebraica. Un approccio che caratterizzò anche figure che sarebbero diventate nomi di primo piano della vita politica e culturale del paese dopo il 1945. “Il vero scandalo è come tutto questo fu completamente rimosso. Un processo che ebbe inizio con il governo Badoglio, e ha permesso il fatto che oggi diversi firmatari del ‘Manifesto della razza’ abbiamo vie intitolate in importanti città italiane. Qualcosa in questo paese non funziona” ha concluso Avagliano.
Alla fine, l’auspicio espresso è che il libro, così come la ricerca storica, e il dibattito e l’attenzione rivolta alla Memoria, possano rappresentare non la fine di un percorso ma l’inizio di un cammino di nuova consapevolezza. Una consapevolezza del passato su cui rifondare la coscienza del presente.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(29 gennaio 2014)