Alitalia e il Mediterraneo
La compagnia aerea Etihad pare prossima all’acquisizione di Alitalia, la compagnia di bandiera italiana ormai da anni attaccata al respiratore. Nel 2007 si candidò Air France, ma Silvio Berlusconi si intestò una battaglia vincente a tutela dell’“italianità” del nostro vettore. A distanza di sette anni i francesi non hanno più quattrini e rinunciano a prelazioni e pre-contratti. Sempre in questi giorni il fondo d’investimento del Qatar sembra sul punto di comprare una parte consistente delle quote Eni appena privatizzate, circa il 4%. E così via, dopo tre giorni di missione di Enrico Letta negli Emirati Arabi: il presidente italiano nei panni dell’abilissimo venditore di tappeti e gli emiri del golfo in quelli di acquirenti magnanimi.
Che c’entra tutto questo con gli ebrei italiani? Sembra difficile che questa collaborazione economica rafforzata e rinnovata non abbia conseguenze sulle politiche dell’Italia nel Mediterraneo. Certo, non si tratta di una novità, se pensiamo alle ottime relazioni con i paesi arabi tenute a suo tempo dal PCI e da politici come Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Il punto, però, è che lo scenario attuale è radicalmente mutato: non solo perché le rivoluzioni di tre anni fa hanno consegnato un quadro fluido e preoccupante, ma soprattutto perché i soldi provenienti dal Golfo hanno un’influenza profonda su quanto accade in Egitto, Siria, Turchia, Libano e Tunisia. Insomma su quello che succede in tutta la zona. E Israele sta in mezzo, mentre l’America perde interesse nel Mediterraneo e si concentra sul Pacifico.
Attualmente i vari stati e i vari emiri sono divisi, litigano sul da farsi, cercano alleanze per consolidare e allargare il proprio potere, e si espandono economicamente in Europa. Dunque, l’Italia assumerà necessariamente una politica meno “atlantica” e più “mediorientale”, con una minore disponibilità nei confronti di Israele. Per ridurre l’impatto di questo esito e impedire che il nostro paese possa scegliere opzioni decisamente ostili allo Stato d’Israele, sarà bene scegliere, tra i vari player del mondo arabo, quelli che hanno posizioni più aperte e “democratiche”. Non è il massimo, ma temo che sia l’unica soluzione.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(4 febbraio 2014)