Maggioranze vere e presunte

anna segreQuando qualcuno sostiene di parlare a nome di un gruppo di persone (una classe, una comunità, uno stato) come si fa ad essere sicuri che rappresenti davvero la maggioranza? Ci sono allievi che chiedono all’insegnante di spostare una verifica senza consultare i propri compagni, politici e movimenti che si autoproclamano portavoce della maggioranza silenziosa dei cittadini e in realtà hanno un seguito limitatissimo, consultazioni della “base” e sondaggi on line con pochissimi partecipanti i cui risultati sono spacciati per l’opinione del popolo, personalità carismatiche che nelle elezioni a scrutinio segreto ricevono meno voti del previsto. In contesti limitati, come le classi, è abbastanza facile (e molto educativo per i ragazzi) ricorrere il più possibile a votazioni per verificare cosa pensi effettivamente la maggioranza; ma quando il contesto si allarga e i rapporti non sono più diretti entrano in gioco la propaganda e i mezzi di comunicazione, che tendono a dare più visibilità a chi è più chiassoso, sopra le righe, eccessivo. E chi è più visibile riesce più facilmente a farsi prendere sul serio: chi urla e insulta prima o poi trova qualcuno disposto a dire che, sì, magari le sue posizioni non saranno del tutto condivisibili, ma bisogna capirle, analizzarle, rispettarle, ecc. (ma non dovrebbe essere capito, analizzato e rispettato anche chi tace perché non riesce a far sentire la propria voce?) E così alla fine la minoranza chiassosa vince sul serio, non perché abbia davvero più consenso ma perché ha avuto più visibilità; persino gli avversari la temono e la sopravvalutano, finendo per scendere a compromessi con lei e limitare i propri obiettivi dando per scontato di essere in minoranza. Purtroppo questa sudditanza psicologica verso maggioranze supposte e non verificate si incontra in vari contesti, dalle scuole ai luoghi di lavoro, dalla politica alle nostre comunità. In realtà ogni volta che partecipiamo a una votazione ognuno di noi ha più probabilità di appartenere alla maggioranza che alla minoranza: è un’ovvietà, ma molte volte tendiamo a comportarci come se fosse vero il contrario. L’ebraismo, cultura quasi sempre di minoranza, non ha avuto paura di enunciare il principio del voto a maggioranza: tra le altre cose, è una scommessa sul buon senso di chi ci circonda, un invito ad avere fiducia nel nostro prossimo e nelle sue opinioni, purché sia possibile rilevarle in modo trasparente e senza forzature.

Anna Segre, insegnante

(7 febbraio 2014)