Il razzismo e i boicottaggi
Come riporta Il Messaggero, nonostante la denuncia per istigazione all’odio razziale Ernesto Moroni non si è dato per vinto. Dopo aver inviato delle teste di maiale alla Sinagoga di Roma e all’ambasciata israeliana subito prima del Giorno della Memoria ora rilancia sul web i suoi proclami attraverso il sito della sua formazione. Si tratta di una sigla neofascista presente sul web da tempo, il cui blog è stato sottoposto in queste ore da Moroni a un restyling non solo grafico: torna ora il tema della lobby ebraica, rilanciato anche sulla pagine di Facebook collegata all’associazione, insieme a immagini offensive di Anna Frank, a fotografie del Duce e della Repubblica sociale italiana.
Dopo i problemi avuti in Olanda e in Norvegia dove il movimento di boicottaggio a Israele noto come BDS ha recentemente ottenuto alcuni clamorosi successi, ora le preoccupazioni raggiungono Roma. Come racconta il Corriere della Sera i manager della Mekorot, la principale azienda idrica israeliana, sono molto preoccupati che cooperazione e investimenti derivanti dall’accordo con la romana Acea possano essere danneggiati dalle azioni dei grillini. L’accordo prevede uno “scambio di esperienze e competenze del trattamento delle acque reflue” e nella ricerca di soluzioni innovative per la distribuzione dell’acqua potabile ma il Movimento 5 Stelle prima in consiglio a Roma e poi a gennaio direttamente alla Camera hanno attaccato il memorandum firmato a dicembre scorso da Enrico Letta e Benjamin Netanyahu.
Da Israele Maurizio Molinari, su la Stampa, racconta la storia di Anat Kamm, la soldatessa condannata per la divulgazione di documenti segreti dell’esercito, processata e incarcerata nel 2011. La sua pena è stata ridotta a 26 mesi e la Kamm appena uscita dal carcere ha scelto le pagine di Yedioth Aharonot per sottolineare che “in carcere nessuno mi ha accusato di tradimento”, e si paragona a Edward Snowden con però il rimpianto di “non essere riuscita a cambiare il mondo”.
Un aspetto diverso dei problemi del Medio Oriente viene portato all’attenzione dei lettori dell’International New York Times da Thomas Friedman, che racconta come sia stato portato da un gruppo di aderenti a Friends of the Earth Middle East a fare un viaggio “not your usual Holy Land tour” alla scoperta della gestione dei rifiuti e delle acque nere fra Israele e West Bank. Israeliani, palestinesi e giordani avrebbero tutte le risorse necessarie per gestire e risolvere i problemi, ma solo una piena collaborazione porterebbe a una situazione in cui “everyone would win”, ognuno uscirebbe vincitore.
Sui giornali in questi giorni conquista spazio l’uscita dell’ultimo libro di Haim Baharier, La valigia quasi vuota, Garzanti, dedicato a un piccolo mistero irrisolto del Novecento, ossia a un clochard ebreo senza età e senza patria comparso a Parigi negli anni ’50. Oggi è La Stampa che racconta del personaggio scomparso nel nulla dopo aver approfittato dell’ospitalità di molti, a volte dei chassidim in Rue des Rosiers e a volte dell’università, in cambio di qualche supplenza, perché nonostante l’aspetto conosceva tutte le lingue, e “sapeva tutto”. Per restare in tema di libri il Giornale scrive oggi di come lo scorso anno, in occasione dell’ottantesimo anniversario, la casa editrice Einaudi abbia scelto di non soffermarsi sul suo primo decennio. Cosa che invece viene fatta sul periodico Bibliohaus che dedica l’ultimo numero monografico ad alcuni aspetti della politica editoriale dello struzzo fra il ’34 e il ’44, partendo dalla lettura dei rarissimi cataloghi di quel periodo.
Grande spazio viene dedicato da molte testate (fra cui la Repubblica, il Giornale e il Corriere della Sera) al referendum che in Svizzera ha accolto una proposta di modifica costituzionale contro l’immigrazione di massa lanciata dall’Udc, il partito di destra. Nonostante governo, parlamento, organizzazioni economiche e sindacati avessero raccomandato di votare contro, il 50,3 per cento dei voti è favorevole alle quote di ingresso, che mettono a rischio gli accordi di libera circolazione dell’Unione Europea. La priorità dell’impiego ai cittadini svizzeri va contro il principio della libertà di movimento delle persone, e il portavoce dell’Unione Europea ha subito commentato che le implicazioni di questa votazione dovranno essere studiate attentamente.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(10 febbraio 2014)