Tea for two – Identità

silveraAvanza a tutta birra, spandendo per le borghesissime strade di Roma coattissima musica israeliana. Questo succede quando si entra in macchina di mio padre.
Perché in questo modo combattiamo il Tel Aviv horror vacui, inanelliamo una serie di stereotipi culturali (bamba nei titoli di testa), crediamo di appartenere ad altro. Così, in equilibrio tra Flaminio e Dizengoff, intessiamo la nostra identità. Ed è proprio questo che mi fa impazzire dell’ebraismo: l’essere un mosaico su due zampe. Vado in brodo di giuggiole quando mi chiedono: “E tu, simpatica ragazza da dove provieni?”, sorrido e rispondo: “Mettiti seduta e allaccia la cintura cara mia”. Perché notti d’Oriente, stelle e bazaar si incrociano tra Milano da bere e Tripoli da mangiare, Portogallo, puntatine a Cuba e fughe in Italia. E allora a tutto gas diretti all’aeroporto. La prossima volta però si ascolta Tiziano Ferro, caro papà. O al massimo Ofra Haza.

Rachel Silvera, studentessa

(10 febbraio 2014)