Qui Venezia – Cesare Vivante (1920-2014)

ishot-352Cesare Vivante proveniva da un’antica famiglia di ebrei levantini, discendenti di quel Leon di Menachem Vivante, primo della famiglia nato a Venezia il 20 maggio del 1753. Insegnante di lettere presso istituti tecnici, a lungo si dedicò con dedizione al recupero del patrimonio monumentale artistico e storico degli ebrei di Venezia: per oltre vent’anni si occupò prima della biblioteca archivio Renato Maestro, come membro cardine del comitato di gestione della stessa, per poi seguire con grande attenzione tutti i lavori relativi al restauro delle sinagoghe e del cimitero ebraico antico del Lido che versava in un grave stato di abbandono.
Cesare, come tanti altri ebrei del tempo, ebbe una giovinezza travagliata: intrapresi gli studi presso il liceo classico Foscarini, nel 1938 con la promulgazione delle leggi razziste, dovette lasciare la scuola pubblica e trasferirsi alla neo istituita scuola ebraica della Comunità. Terminati gli studi, iniziò a lavorare in una fabbrica di vetro a Murano. L’impresa svolgeva però alcuni lavori per l’esercito e così venne licenziato e trasferito fortunosamente in un’altra fonderia.
Il 1943 fu un anno drammatico: la madre venne presa e deportata ad Auschwitz e lui, poco più che ventenne, dovette con estrema fatica fuggire da Venezia insieme alla sorella e alla cugina rifugiandosi in Svizzera fino alla fine della guerra.
Un uomo dal forte rigore nella ricerca, caratteristica che lo spinse in polverosi archivi di mezza Europa e oltre: da Venezia a Parigi, da New York a Corfù, alla ricerca delle sue radici familiari.
Il ricordo più vivido che serbo di Cesare Vivante risale al 2009, quando lo intervistai in riferimento al volume “La memoria dei padri”, dedicato proprio ai Vivante, presentato durante la Giornata di studio sugli ebrei di Corfù. Ricordo l’entusiasmo con cui mi descrisse gli oggetti appartenenti alla storia della sua famiglia esposti ordinatamente in una delle stanze della casa, la dovizia di particolari con cui presentò ogni passaggio di quell’opera che l’aveva accompagnato per più di trent’anni. Un racconto storico e familiare inframmezzato da infiniti aneddoti sulla Comunità Ebraica di Venezia, sulla Comunità di un tempo.
Ogni volta che una figura come quella di Cesare Vivante viene a mancare, con lui se ne va una parte fondamentale della nostra Qehillà. Una parte di storia, di memoria e di spirito di abnegazione verso la collettività.

Michael Calimani

(13 febbraio 2014)