Mosca, un museo da non perdere
Ieri sera, a Mosca, avevo un paio di ore libere e sono corsa al Museo ebraico. Ne avevo tanto sentito parlare da quando era stato inaugurato (nel maggio del 2011). Sono rimasta senza parole: per un percorso così straordinario, con un’interattività avveniristica e al tempo stesso ben dosata, per una così ricca ricostruzione della Moderna Storia dell’Impero russo e dell’Unione Sovietica, sarebbero servite due settimane, non due ore! Ma, che potevo fare? Alle dieci di sera chiudeva (niente male, direte voi) ed erano già le otto e mezza. Sono quindi volata da una sala all’altra, da un pannello altro, per darmi almeno la sensazione di cogliere l’insieme (acchiappando al volo, alla libreria ricca di rarità editoriali, l’introvabile opera omnia di Žabotinskij in russo). Infatti, non potevo assolutamente perdere un’inattesa mostra temporanea ospitata dal Museo: “I dieci ebrei del XX secolo” di Andy Warhol (già esposti a New York nel 2008). Si tratta di dieci straordinari ritratti fotografici, rivisitati, nel suo stile inconfondibile, dalla venerata e discussa icona della pop-art. Sigmund Freud, Sarah Bernhardt, Albert Einstein, Franz Kafka, Gertrude Stein, i fratelli Marx, Martin Buber, George Gershwin, Golda Meir, Louis Brandeis: dieci quadri in tutto, ho pensato, mezzora mi basterà… E invece le mie due ore sarebbero servite a malapena solo per quella mostra. Per ogni quadro e ogni personaggio, infatti, il Museo aveva allestito (dietro un divisorio) una mini-esposizione interattiva: con apposite cuffie ho ascoltato la vera voce di Freud nell’unica registrazione esistente (un’intervista del ’38 alla BBC) e le rivoluzionarie innovazioni musicali di Gershwin; cliccando poi su piccoli schermi ho visto brani di repertorio di Sarah Berhardt, poi ho ammirato i libri di Buber in varie lingue, nonché l’incipit in originale della “Lettera al padre” di Kafka e varie entusiasmanti fotografie. Alle dieci e cinque ho dovuto andarmene a malincuore, tallonata fino al guardaroba da un seccatissimo sorvegliante russo, nei cui occhi già baluginava comprensibilmente un guizzo di astio antisemita. Insomma, che dire? Ha perfettamente ragione un recensore moscovita che ha scritto su internet che il Museo ebraico di Mosca è il luogo da cui dovrebbero partire tutte le visite della città, aggiungendo, per meglio rendere l’idea: “quando arrivate al Museo ebraico, vi sentite come una vecchia servetta abituata a uno scopino di saggina a cui abbiano regalato un aspirapolvere”.
Laura Salmon, slavista
(14 febbraio 2014)