Nugae – Brillantini olimpici
Qualche settimana di riposo forzato dovuto a un ginocchio malandato che impedisce di correre libera per prati in fiore (attività tipica milanese), fa sospirare di sollievo di fronte all’inizio dei giochi olimpici. Almeno ci sarà qualcos’altro da guardare alla tv oltre a sedicenni incinte e torte ricoperte di zucchero colorato dall’aria immangiabile. E invece no, povera illusa, perché l’unico canale di tutto il digitale terrestre a trasmettere le competizioni ha deciso di latitare. Pazienza, tanto è meraviglioso che il curling goda del suo momento di gloria una volta ogni olimpiade ma dopo un paio di minuti può indurre sonnolenza, leggere attentamente il foglio illustrativo. E tanto vale rinunciare a imparare la differenza fra un axel e un tolup, visto che in ogni caso non volteggerò mai leggiadra. In realtà quello che conta davvero è il contorno. Perché il villaggio olimpico, tolto di mezzo l’acidume politico, è un’oasi di pace e abbracci e divise arcobaleno che produce in una manciata di giorni tutto il fabbisogno mondiale di bontà stucchevole e paillette. E non in senso figurato, ogni cosa là dentro è ricoperta di brillantini. Luccica la pattinatrice tedesca Aliona Savchenko, che andando contro tutti gli schemi di gonnelline e volant ha indossato una stupenda tuta rosa fluo con cravatta argento per ballare sulle note della Pantera Rosa. Luccica la giacca di paillette argento di Johnny Weir, l’ex pattinatore statunitense desideroso a quanto afferma di convertirsi all’ebraismo che ora commenta con eleganza le gare, coordinando le sue mise coraggiose con quelle della collega Tara Lipinski. Luccica Zosia Mamet nel suo costumino glitterato, nei panni di una Shoshanna di Girls che con un fotomontaggio gareggia in tutte le discipline di quelli che i suoi creatori hanno giustamente chiamato i giochi di Shoshi. Luccica un’enorme installazione all’entrata del villaggio che presenta su uno schermo selfie dei visitatori in formato tridimensionale, nel senso proprio che sporgono fuori come inquietanti sculture di vanità. Luccicano le cuffione argentate della slittinista Kate Hansen che si riscalda per la gara ballando in mezzo a un cortile. Luccica persino il sole, fin troppo dato che la neve si sta pericolosamente sciogliendo per il caldo, e intanto si scia in canottiera e ci si abbronza sulla spiaggia, a Sochi c’è anche quella. Intanto nello sfavillio la gamba piano piano guarisce e si torna un po’ abbagliati e claudicanti alla vita vera.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
(16 febbraio 2014)