Il principio di responsabilità
Non abitando a Roma, mi rincresce non poter partecipare al ciclo di incontri sull’etica medica patrocinata dal dipartimento Educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che si svolge in questi giorni. Nel rapido e continuo avanzamento di scienza e tecnica, non può mancare un approccio etico e bioetico, che anzi dovrebbe affiancare e guidare il progresso umano. L’ebraismo, rispetto ad altri orientamenti religiosi, lancia raramente anatemi contro la ricerca medico-scientifica, proponendo una visione spesso più aperta o possibilista su certe tematiche, offrendo diversi (e talora contrapposti) punti di vista, ma esortando in ogni caso alla prudenza e a un “principio responsabilità”.
La domanda da porsi resta pur sempre cosa può considerarsi realmente necessario, per l’essere umano nella tutela della sua salute e dell’ambiente in cui vive, e cosa è invece da ritenere superfluo, presuntuoso o che, a lungo andare, potrebbe avere conseguenze dannose se non distruttive. E quali sono dunque i limiti che l’uomo e il progresso tecno-scientifico non dovrebbe comunque valicare? Oltre alle celebri lezioni di Hans Jonas, o al pensiero ugualmente laico di Leon Kass, vorrei proporre a proposito un breve passo di rav Adin Steinsaltz in Simple Words, capitolo “Natura” (1999) su cui può essere interessante riflettere: “La libertà di cui godiamo ci costringe a essere non meno, ma anzi più attenti a ciò che facciamo, giacché disponiamo di una capacità di azione tanto grande. La necessità di ponderare attentamente sulle azioni che stiamo per compiere va al di là della mera cautela. Se ci diamo da fare allo scopo di mutare una situazione troppo repentinamente, o agiamo contro i nostri stessi principi, o non sappiamo contenerci entro un limite determinato, danneggiamo la fabbrica dell’esistenza. Perché, anche se crediamo che la natura non si curi del bene e del male, pare che la natura stessa si prodighi per conservare alcune forme di vita fondamentali. Determinate realtà che abbiamo creato sono cose contro natura: non per il fatto che siano impossibili, ma perché, situandosi all’interno del flusso naturale, vanno “contro corrente”. E’ necessario mantenersi all’interno di confini determinati; se non lo facciamo, potremmo autodistruggerci, sia dal punto di vista fisico sia sotto il profilo psicologico.
La nostra sfortuna sta nel fatto che i nostri eccessi possono non distruggerci immediatamente. Pericolare sull’orlo di un abisso non significa caderci dentro all’istante; un bimbo che gioca con dei fiammiferi potrebbe continuare a divertirsi con il fuoco un bel po’ prima di bruciarsi. In maniera analoga, noi non reagiamo come fanno gli animali quando ingeriscono cibo avvelenato o, per quel che ci riguarda più specificamente al presente, dinanzi all’errore; siamo in grado di digerire entrambi, al momento. Possiamo perciò nuocere fisicamente e moralmente a noi stessi senza aver coscienza di farlo fino all’esito inevitabile.
E’ per questa ragione che abbiamo bisogno di scoprire che cosa sono le leggi di natura e i suoi sistemi di regolazione, e a quali di essi in particolare noi esseri umani dobbiamo attenerci. […]”.
Francesco Moises Bassano, studente
(21 febbraio 2014)