Giovanni Spadolini, un amico sincero
“Nel frammentato scenario politico della prima Repubblica Giovanni Spadolini è stato per molti ebrei italiani un punto di riferimento, e lo è stato in modo costante: la sua coerenza nel sostenere le ragioni dello Stato d’Israele e la sua amicizia per gli ebrei non sono mai venute meno, e anzi, si sono manifestate con forza e senza tentennamenti proprio nei momenti più difficili, in anni in cui lo Stato d’Israele non aveva molti amici disposti a proclamarsi tali e per farlo ci volevano convinzione e coraggio intellettuale. Se, come si suol dire, ‘gli amici si riconoscono nel momento del bisogno’, Spadolini fu certamente un amico vero e leale per Israele e per gli ebrei italiani che in quegli anni si sentivano, ed erano, isolati e poco compresi dalla politica e dai media”. Lo ha affermato il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in occasione della presentazione al Senato del volume ‘Giovanni Spadolini, la questione ebraica e lo Stato di Israele’ (ed. Polistampa per la Fondazione Nuova Antologia) di Valentino Baldacci. Un testo ricco di spunti, un viaggio che segue l’evolversi del pensiero di Spadolini attraverso i vari ruoli ricoperti nel corso di una carriera entusiasmante, sfaccettata, intensa: direttore del Resto del Carlino e del Corriere della sera, parlamentare della Repubblica, ministro dei Beni Culturali e della Difesa, capo del governo, presidente del Senato, segretario del Partito Repubblicano Italiano.
Numerosi gli interventi che hanno animato la presentazione del testo: dal senatore Luigi Compagna al giornalista Stefano Folli, dal dirigente bancario Antonio Patuelli al portavoce dell’ambasciata israeliana Amit Zarouk. In apertura l’intervento del presidente del Senato Pietro Grasso, che ha ricordato gli studi di Spadolini sul possibile parallelismo tra Risorgimento italiano e Risorgimento ebraico e il forte legame intessuto con la classe politica e con i protagonisti della cultura israeliana anche a prezzo di dolorose contrapposizioni in patria. Un legame celebrato con un bosco intitolato alla sua memoria con le due lauree honoris causa conferitegli dall’Università Ebraica di Gerusalemme e dall’Università di Tel Aviv. Due gli anniversari ‘spadoliniani’ ricordati dal neo ministro dei beni culturali Dario Franceschini in una lettera inviata agli organizzatori: il ventennale della scomparsa e i 40 anni dall’istituzione del ministero stesso. A essere onorata anche la memoria di Amedeo Mortara grazie al supporto fornito in prima persona dalla figlia Raffaella, vicepresidente della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano ed ex collaboratrice di Spadolini a Palazzo Chigi, che ha sostenuto la pubblicazione del libro.
“Per mio padre – ha scritto Mortara – la politica era passione. Era servizio a favore dell’intera comunità nazionale. Ed era sogno e utopia, fin dai tempi dell’esilio svizzero da giovanissimo allievo di Luigi Einaudi, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, per un’Europa veramente unita, democratica e libera. Per Giovanni Spadolini era lo stesso”.
(Nell’immagine, Spadolini ai funerali di Stefano Tachè con il rav Elio Toaff)
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
Giovanni Spadolini, la coerenza di un amico
Nella sua lunga attività di storico, di giornalista, di uomo politico e di statista Giovanni Spadolini ebbe una costante attenzione nei confronti della questione ebraica, un’attenzione che lo portò a guardare con crescente interesse allo Stato d’Israele, non solo come protagonista delle vicende del Medio Oriente, ma anche come espressione di una originale formula economica e sociale, e soprattutto come espressione di valori etici, collegando direttamente la nascita del sionismo al Risorgimento italiano, attraverso l’insegnamento di Mazzini e di Cattaneo. Giovanni Spadolini, la questione ebraica e lo Stato di Israele. Una lunga coerenza, il volume curato da Valentino Baldacci per la Biblioteca della Nuova Antologia da cui riprendiamo alcuni stralci, segue puntualmente l’evolversi del pensiero di Spadolini attraverso i vari ruoli che egli ricoprì, da quelli di direttore del Resto del Carlino e del Corriere della Sera a quelli politici e istituzionali di parlamentare, di ministro dei Beni culturali e della Difesa, di capo del Governo, di presidente del Senato, oltre che di segretario del Pri, mettendo in evidenza la coerenza del suo pensiero.
L’atteggiamento di Giovanni Spadolini verso lo Stato d’Israele e più in generale verso gli ebrei e l’ebraismo è noto soprattutto per la posizione da lui assunta in occasione di alcuni episodi clamorosi, in particolare il dirottamento dell’Achille Lauro (7-12 ottobre 1985) e la partecipazione ai funerali del bambino Stefano Tachè, ucciso nel corso dell’attentato terroristico alla sinagoga di Roma, avvenuto esattamente tre anni prima, il 9 ottobre 1982, quando fu l’unico uomo politico accettato in quella circostanza dalla comunità ebraica romana. In realtà Spadolini ebbe un atteggiamento di costante attenzione e di particolare vicinanza al mondo ebraico durante tutto l’arco della sua quasi cinquantennale attività di giornalista, di uomo politico, di storico. È un’attenzione che ritroviamo in tutte le fasi della sua attività pubblica: come direttore del Resto del Carlino (1955-1968) e del Corriere della Sera (1968-1972); come senatore eletto nelle liste del Pri (dal 1972) e come ministro dei Beni culturali (1974- 1976); come segretario del Pri dal 1979 al 1987; come presidente del Consiglio (1981-1982) e come ministro della difesa (1983-1987); come presidente del Senato (dal 1987 al 1994), fin quasi alla vigilia della morte. Il suo comportamento nei confronti dello Stato d’Israele, e più in generale delle vicende medio-orientali, si articola lungo vari filoni: il primo riguarda i rapporti internazionali, naturalmente, dove dominano due temi: la difesa del diritto all’esistenza dello Stato d’Israele, connesso a una decisa avversione al panarabismo; il ruolo delle due superpotenze, in particolare dell’Unione Sovietica, nel quadro medio-orientale. Il secondo filone è quello della politica interna, dove la valutazione dei comportamenti tenuti dai partiti politici italiani è da una parte una componente essenziale della critica verso la politica del Pci e dall’altra del giudizio nei confronti degli altri partiti, con un’attenzione particolare verso l’evoluzione del Psi e naturalmente verso la dc (soprattutto la sua ala sinistra) e più in generale verso il mondo cattolico. Infine, e non è l’aspetto meno rilevante, l’atteggiamento di Spadolini nei confronti di queste tematiche non è riducibile esclusivamente ai problemi di politica estera e interna: agisce anche, anzi ne è probabilmente la componente più profonda, una dimensione etico-politica, come d’altra parte non mancano mai di emergere le caratteristiche di Spadolini studioso di storia contemporanea. In sostanza sono quattro le chiavi di lettura che occorre utilizzare per comprendere i giudizi e l’atteggiamento di Spadolini: la prima riguarda le relazioni internazionali, dove è prevalente, accanto al rifiuto del panarabismo, la preoccupazione per l’influenza che l’Urss esercita nei confronti del mondo arabo, tentando di alterare gli equilibri fra le due superpotenze; la seconda riguarda la politica interna italiana, dove al costante dissenso dalle posizioni del Pci, connesso a quello nei confronti dell’Urss, si unisce un’attenzione critica verso la sinistra democristiana (che talvolta si accompagna a un medesimo giudizio sul mondo cattolico, o almeno su alcune sue componenti) e un particolare interesse verso l’evoluzione del Psi, in particolare per quanto riguarda la sue divisioni interne e quindi verso la dialettica fra le posizioni autonomistiche e quelle più sensibili ai rapporti con il Pci. Accanto a queste due chiavi di lettura “politiche”, non va trascurata la dimensione storica che è sempre presente nelle analisi di Spadolini, e che ha una forte influenza anche sui suoi giudizi politici. In particolare, come avremo più volte occasione di rilevare, una costante del pensiero spadoliniano è il parallelismo fra il Risorgimento italiano e quello ebraico rappresentato dal sionismo. Più volte Spadolini mette in luce l’influenza che su Theodor Herzl ha avuto il pensiero di Mazzini, mentre un altro costante riferimento è costituito dalle Interdizioni israelitiche di Carlo Cattaneo. Infine, è sempre presente nelle valutazioni di Spadolini una forte componente etica, un richiamo ai principi irrinunciabili che devono guidare l’azione politica. Soprattutto nei momenti topici in cui egli assume posizioni che lo mettono in contrasto con larga parte del mondo politico italiano, il richiamo ai principi si fa pressante, e ricorre assai spesso la citazione del celebre discorso di Benedetto Croce in Senato in occasione, nel 1929, della ratifica dei Patti lateranensi. Per Spadolini Israele non è uno Stato come gli altri ma incarna dei valori, in particolare quello di tolleranza, che egli ritrova nell’intera storia dell’ebraismo. in questo senso il suo approccio risente anche del metodo dello storico influenzato dalla lezione di Croce. Israele è l’incarnazione dello spirito di libertà e di tolleranza. Per seguire l’evoluzione dell’atteggiamento di Spadolini, questo lavoro è suddiviso in capitoli dedicati ai vari momenti della sua attività pubblica: dopo un primo capitolo nel quale viene presa in esame la sua attività giornalistica fino al 1955, il testo è scandito sulla base dei ruoli da lui ricoperti. All’interno di questi capitoli la posizione assunta da Spadolini con articoli, discorsi, interviste ecc. (ma anche l’indirizzo impresso ai quotidiani da lui diretti, non trascurando, a partire dal 1980, la direzione della Nuova Antologia) viene messa a confronto con le vicende mediorientali e in particolare con quelle dello Stato d’Israele soprattutto nei momenti di svolta: guerra di Suez del 1956; guerra dei Sei giorni del 1967; guerra dello Yom Kippur del 1973; accordi di Camp David e trattato di pace fra Egitto e Israele (1977-1979); invasione del libano (1982); esplosione del terrorismo palestinese (anni ’70 e ’80); trattative fra Olp e Israele; ma anche con altre vicende riguardanti il mondo ebraico come, ad esempio, la rinascita dell’antisemitismo, il negazionismo nelle sue varie forme ecc. Ogni capitolo inizia con un paragrafo dedicato alle vicende del Medio Oriente nel periodo preso in considerazione, nei confronti delle quali Spadolini prende posizione o svolgele sue riflessioni. Per riferirsi al titolo di questo lavoro, coerenza non vuol dire uniformità e invariabilità dei giudizi. Come si avrà modo di vedere, accanto ad alcuni elementi costanti del suo pensiero, riferiti soprattutto alle dimensioni storiche ed etiche, l’atteggiamento di Spadolini sul problema del Medio Oriente andrà evolvendo sulla base delle variazioni intervenute nel quadro nazionale e internazionale. Soprattutto a partire dagli anni ’80, con l’indebolimento dell’Urss e l’emergere della linea di Gorbaciov, viene meno uno dei principali criteri di giudizio che lo avevano guidato in precedenza, cioè la minaccia sovietica e l’influenza che l’Urss esercitava nel mondo islamico. Ciò gli consente una maggiore attenzione verso le dinamiche interne dello stesso mondo arabo e in particolare verso il problema palestinese, nei confronti del quale l’atteggiamento di Spadolini si modifica nel tempo: da un reciso rifiuto a una maggiore comprensione degli obiettivi dei palestinesi. (…)
Valentino Baldacci
Il ricordo degli ebrei italiani
Sono intense, le voci ebraiche che accompagnano la lettura di questo volume straordinario dedicato alla figura di Giovanni Spadolini, ai suoi rapporti con l’ebraismo e con lo Stato di Israele. “L’amicizia tra la mia famiglia e Giovanni Spadolini, ‘il Senatore’ come lo chiamavamo affettuosamente in casa – racconta la vicepresidente del Centro di documentazione ebraica contemporanea Raffaella Mortara, che questa pubblicazione ha fortemente voluto – è durata quindici anni, fino alla sua morte. È per questo che ci è parso naturale dedicare questo volume a mio padre, Amedeo Mortara, scomparso di recente – che la sua memoria sia in Benedizione. Il libro è infatti incentrato sull’opera di Spadolini in favore di Israele e sul suo riconoscimento del grande contributo che l’ebraismo italiano ha dato, nel corso dei secoli, alla cultura, alla civiltà dei diritti, alla nascita, alla crescita e poi alla rinascita dell’Italia dopo il ‘secondo Risorgimento’, come il Senatore amava chiamare la lotta di liberazione nazionale contro il nazifascismo. Per mio padre, la politica era passione. Era servizio a favore dell’intera comunità nazionale. Ed era sogno e utopia, fin dai tempi dell’esilio svizzero da giovanissimo allievo di Luigi Einaudi, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, per un’Europa veramente unita, democratica e libera. (…) Per Giovanni Spadolini era lo stesso. Nell’ultimo discorso tenuto al Senato in occasione della fiducia al primo governo Berlusconi, egli diceva tra l’altro: ‘noi dobbiamo sempre fare i conti con i nostri alleati e partner dell’Europa comunitaria, cui ci unisce la comune lotta contro il totalitarismo, in tutte le forme in cui si è espresso in questo secolo. E quando dico totalitarismo dico razzismo (…), dico antisemitismo, dico xenofobia, dico sopraffazione e violenza, dico anche localismi a sfondo tribalistico (quelli che ci hanno portato all’Europa frantumata…)’. Molto altro li univa: l’amore per la Storia, quella grande che sta nei libri, e per le storie, anche piccole, fatte di aneddoti e di ricordi; per l’etica e il senso del dovere, civico e privato; per la democrazia, la libertà e la giustizia. E una memoria di ferro che li faceva citare grandi politici, poeti, filosofi di tutti i tempi, senza mai leggere un rigo e senza mai un errore. Desidero concludere questa dedica con un ricordo personalissimo, che riunisce nella mia memoria e nel mio cuore il Senatore, mio padre e mia madre, Luisella Mortara Ottolenghi, anche lei vicinissima a Giovanni Spadolini. Era un giorno caldissimo il 12 giugno 1991, quello della presentazione della prima edizione del Libro della Memoria – Gli ebrei deportati dall’Italia 1943-45. Giovanni Spadolini, allora presidente del Senato, aveva voluto fortissimamente quella giornata: aveva sempre creduto nell’importanza di coltivare ricordi e Memoria, dando il dovuto risalto al lavoro durato decenni della Fondazione CDEC (di cui mia madre era presidente) per ricostruire con estremo rigore storico e infinita pietà umana la storia delle 8566 persone deportate dall’italia. E così diceva Giovanni Spadolini: ‘Quella fiamma che risplende sulla collina della rimembranza di Gerusalemme pervade anche le pagine toccanti di questo volume. Non è un registro dinomi, né la catalogazione alfabetica di vite spente nel lampo accecante della follia. Il libro della Memoria è un popolo di ombre che vigilano sulla nostra coscienza, la scuotono dal torpore sempre in agguato, dall’indifferenza in cui precipita quando la memoria si affievolisce. Il futuro di un popolo – ammoniva Schlegel – è frutto sempre della memoria del passato. Più grande sarà questa, più sicuro sarà il suo futuro. Alla memoria noi dobbiamo aggrapparci, perché in essa affondano le radici del nostro presente. All’interrogativo inquietante su che cosa resterà dell’olocausto quando l’ultimo sopravvissuto sarà spento, il libro della Memoria risponde con la sofferta e puntigliosa elencazione di quei nomi, dietro ognuno dei quali si intuisce la tragedia di una vita, una famiglia, una comunità. Ma raccolti in volume, allineati secondo un criterio rigorosamente alfabetico, essi sprigionano una forza ammonitrice straordinaria, disegnano il perimetro di quel cimitero nel quale con le vite di milioni di ebrei finì sepolta una parte della coscienza europea’”. Anche il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ricorda con emozione Giovanni Spadolini, a vent’anni dalla scomparsa: un pensatore, un professore, un giornalista, uno storico, un politico, uno statista. “Coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo da vicino – afferma il presidente UCEI – sentono ancora il grande vuoto lasciato dal venir meno di un sicuro punto di riferimento, di una guida sempre ispirata ai più rigorosi principi di lealtà, di onestà intellettuale, di moralità. Uno di questi è certamente Valentino Baldacci, l’autore di questo volume, il quale, all’inizio degli anni ’60, discusse la sua tesi di laurea in Scienze Sociali e Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze, con il professor Spadolini. Molti sono gli ebrei italiani che, ancora oggi, rievocando la sua intensa e complessa azione politica, si esprimono con toni di forte nostalgia. Il merito che deve essere riconosciuto all’autore di questa opera sta nel far emergere l’originalità che ha caratterizzato il rapporto fra Spadolini, gli ebrei e le istituzioni ebraiche. Un’originalità costantemente alimentata dalla eccezionale vastità della sua cultura che gli consentiva di analizzare la realtà e il susseguirsi degli avvenimenti inquadrandoli e collocandoli correttamente nella Storia. Lo spartiacque politico e ideologico che segnò una vera e propria svolta epocale nei rapporti tra gli ebrei, lo Stato d’Israele e il mondo della politica italiana fu la Guerra dei Sei giorni, all’inizio del giugno del 1967. Le diverse interpretazioni dei fatti aprirono un baratro di incomprensione nel quale caddero molti esponenti di primo piano della politica italiana, trascinando nella loro caduta molti sogni e speranze degli ebrei che furono costretti a vivere l’amara esperienza di vedere antichi e consolidati vincoli di amicizia e solidarietà, sacrificati alla convenienza politica. In quel momento la figura di Spadolini emerse per la sua incrollabile coerenza che lo portò a opporsi fermamente a tutti coloro che tentarono, mistificando la verità, di far apparire come una guerra di aggressione la lotta dello Stato d’Israele per rompere un vero e proprio assedio e per garantire la propria sicurezza e la propria stessa esistenza. Questa stessa coerenza riemerse sempre nei momenti più difficili, l’attentato terroristico alla sinagoga di Roma nel 1982 e il sequestro della nave Achille Lauro nel 1985”.
Nelle immagini il senatore Giovanni Spadolini ai funerali di Stefano Tachè con il rav Elio Toaff, assieme a Luisella Ottolenghi, presidente della Fondazione CDEC e all’amico europeista Amedeo Mortara, al cui ricordo è dedicata la pubblicazione di Nuova Antologia, e assieme a una giovanissima Raffaella Mortara nel corso dei lavori di un congresso del Partito Repubblicano, infine con Tullia Zevi.
Pagine Ebraiche, marzo 2014
(26 febbraio 2014)