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Il dubbio

tobia zeviNel film “Il dubbio”, recentemente riproposto dalla televisione per la morte del protagonista Philip Seymour Hoffman, il prete racconta ai parrocchiani un episodio: alla donna venuta da lui a confessarsi per aver spettegolato, il sacerdote intima di tornare a casa, andare sul tetto, strappare un cuscino di piume con un coltello, poi di tornare. La donna esegue e giunge nuovamente al confessionale. A quel punto Hoffman le ordina di correre indietro a raccogliere le piume disperse dal vento. La donna è ovviamente sgomenta e viene trattata con durezza: ecco la colpa che hai commesso, i cui detriti non possono essere raccolti e riparati.
Anche Gioacchino Rossini scriveva che la calunnia è un “venticello”, e papa Bergoglio ha più volte sottolineato come maldicenza e pettegolezzo siano tra i mali più gravi e radicati della nostra società. La maldicenza “uccide”, ha affermato in giugno, ed è inutile andare a messa per spettegolare. Se guardiamo alla comunità ebraica italiana non possiamo disconoscere quanto calunnie, sospetti, maldicenze e pettegolezzi siano presenti; spesso questi atteggiamenti vanno ascritti a una tendenza conformistica e gregaria, e anche questa mi pare assai solida. Mancano spesso voci che stemperino, stigmatizzino, colgano la gravità di questi comportamenti.
Eppure la tradizione ebraica annovera nel suo canone l’opera forse più completa e severa mai composta sul tema della Lashon Harà, scritta dal rabbino Israel Meir Kagan (Chafetz Chaim) e pubblicata in italiano da Morashà nel 2007, “Le leggi della maldicenza”. Il concetto rabbinico di Lashon Harà è assai più esteso della comune nozione di maldicenza, e per certi aspetti ci interroga ogni qual volta parliamo di altre persone. Quando ci esprimiamo su terzi, il rischio di giudicare e parlare (negativamente) a vanvera è infatti sempre molto alto. Il Chatam Sofer spiegava che l’Uomo lo fa per tre ragioni: 1) per innalzarsi e gonfiarsi rispetto agli altri; 2) per uniformarsi e venire accettato dal gruppo; 3) per discolparsi da qualcosa. Biasimando altri ci si sottrae alle proprie responsabilità. Pensiamoci.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas @tobiazevi 

(4 marzo 2014)