Identità: i rabbini di Londra
Nel 1958 l’allora Primo ministro dello Stato di Israele, David Ben Gurion si è trovato a gestire il fatto che la nozione stessa di identità ebraica era diventata in Israele oggetto di una legislazione che avrebbe avuto implicazioni pratiche cruciali. A cinquanta “Saggi di Israele” Ben Gurion pose la domanda divenuta il titolo del lavoro del professor Eliezer Ben Rafael, che in un e-book intitolato “Cosa significa essere ebreo?” – scaricabile dai siti www.proedieditore.it e www.hansjonas.it – ha messo in luce per la prima volta in Italia quella discussione sistematica sull’identità ebraica. Ogni domenica, sul nostro notiziario quotidiano e sul portale www.moked.it, troverete le loro risposte. Oggi le rispopste dei membri della commissione del Gran Rabbinato di Londra Aryeh Leib Grossnass, Leib Meir Lew, Abraham Rappoport, Aaron Steinberg e Morris Swift.
Signor Primo ministro,
La Sua lettera del 13 cheshvan 5719 al Rabbino Capo Brodie è arrivata il giorno
della sua partenza per il Sudafrica per motivi di salute.
I membri del tribunale rabbinico di Londra si sono riuniti in quanto commissione
del Gran Rabbinato; dopo aver letto la Sua lettera, il Rabbino Capo l’ha recapitata
alla commissione perché ne discuta e Le risponda. La ringraziamo della Sua lettera
e siamo onorati di esprimere la nostra opinione.
1. In primo luogo, esprimiamo la nostra profonda delusione per il fatto che la questione
sia ancora di attualità nello Stato di Israele dopo che il Gran Rabbinato si
era già pronunciato in modo chiaro e decisivo, secondo la Torah, su tale procedura
pericolosa, piena di ostacoli per la nazione; è noto che tutti i grandi della Torah in
Terra di Israele e nella diaspora hanno fermamente protestato contro la proposta
del governo relativa ai figli di donne non ebree.
Ci è impossibile tacere sul fatto che Lei abbia ritenuto opportuno porre questa
domanda essenzialmente halachica a persone che non hanno alcuna relazione con
i principi del diritto ebraico, né alcun legame con l’ebraismo; una cosa simile non è
mai stata fatta nella storia del popolo di Israele.
2. Nessuno ha mai nutrito alcun dubbio sulla posizione della Halakhah. Ogni persona
nata da madre non ebrea, adulto o bambino, non è ebrea ed è impossibile che la si consideri e la si registri come ebrea di religione e di nazione senza che questa si
converta secondo la regola della Torah davanti a un tribunale di rabbini competenti
e riconosciuti. Nello Stato di Israele ciò può essere soltanto un corpo rabbinico
autorizzato dal Grande Rabbinato. Nessun potere politico o civile ha il diritto di
iscrivere in modo fraudolento come ebreo qualcuno che è nato da una madre non
ebrea che non si è convertita.
3. Abbiamo letto con soddisfazione ciò che scrive sui sentimenti di unione e di
identità della comunità ebraica in Terra di Israele con la kelal degli ebrei nel mondo
e [siamo spinti] precisamente da tale sentimento a cui aspirano anche tutti gli ebrei
della diaspora e a cui i rabbini e i capi spirituali concorrono con tutte le loro forze!
In qualità di delegati del Gran Rabbinato dell’ebraismo della Gran Bretagna e del
tribunale rabbinico di Londra e della sua regione, […] non faremmo il nostro dovere
se non levassimo la nostra voce di fronte al terribile pericolo di ferite nella casa
di Israele che per molto tempo non potrebbero rimarginarsi e di irrimediabili ferite
della nazione; queste sarebbero senza alcun dubbio provocate da qualsiasi cambiamento
– nelle leggi dello Stato di Israele – dei fondamenti della Halakhah ebraica
sulla questione dei matrimoni, dei divorzi e delle relazioni familiari santificate da
tempo immemorabile.
La posizione del governo israeliano e la sua proposta sul tema in questione possono
soltanto avere un’influenza terribilmente nefasta sul processo dell’assimilazione
e dei matrimoni misti che sono la causa della devastazione nelle comunità ebraiche
della diaspora e che sono fonte di timore per ogni ebreo che ha a cuore l’esistenza
e l’integrità della nazione.
Nella loro immensa maggioranza, le comunità ebraiche della diaspora sono organizzate
in comunità religiose e in sinagoghe, fondate sulla religione della Torah.
Esse rivolgono il loro sguardo verso la nostra terra sacra perché vi vedono un
centro spirituale e di Torah che diffonderà la sua luce e influirà sul loro modo di
vivere e ritengono che la proposta del governo è un pericolo e una tragedia per la
vita degli individui e delle famiglie in tutta la dispersione di Israele.
Rivolgiamo una preghiera perché il governo israeliano, a capo del quale Lei si trova,
rinunci a una proposta che altro non è se non l’annientamento del carattere sacro
del popolo e della famiglia e dell’unione della nazione. Che la pace sia su Israele.
I nostri rispetti.
(9 marzo 2014)