Oltremare – Derech Bethlechem
Derech Bethlechem, cioè Strada Betlemme, ti prende abbastanza alla sprovvista, mentre cammini per le stradine molto pittoresche di Gerusalemme, fra la Cinematheque e la nuova fiammante e leccatina “Rakevet”, la zona di ristoranti hip e negozi trendy inventata quasi di sana pianta ai bordi della vecchia stazione dei treni ottomana.
Qui, a non guardare i visitatori, si potrebbe quasi essere alla “Tachana” di Tel Aviv, anch’essa una zona ad alta ristrutturazione, tutta pensata intorno al tema quasi romantico delle stazioni dei treni di una volta, che portavano signori baffuti come imperatori e signore di nero vestite come vedove europee, in lunghe ore, da Gerusalemme a Jafo (Tel Aviv non c’era quasi, all’epoca). Invece basta guardare l’arredo umano e non c’è dubbio: nonostante lo scandalo causato dall’apertura di alcuni negozi di shabbath, è tutto un gonne e parrucche, e teste coperte da kippot di ogni misura possibile dal francobollo al frisbee, frotte di bambini disordinati che fanno capo ad un numero incomprensibilmente piccolo di adulti. Gerusalemme, di certo.
Eppure, ad avventurarsi su Derech Bethlechem verso sud, in quattro e quattr’otto si arriva a Betlemme, mi si diceva, con un pizzico di malizia e con l’invito a non sbagliar strada, quando vivevo e camminavo in su e in giù per queste stradine pietrose e giallastre. Case arabe con gli alberi di limone e melograno, piccoli negozi seminascosti nella canicola accecante. Mica vero, però. La strada finisce molto prima di arrivare a Betlemme.
La parallela Derech Hevron invece, non arriva proprio direttamente a Hevron, ma se provate a seguire col dito una mappa di Israele qualche arzigogolo vi porta al centro della città dei Patriarchi. Pochi chilometri davvero. Bethlechem e Hevron, due mondi altri ed altrui, che non ho mai avuto la possibilità di visitare. Per una curiosa permanente come me, una macchia nera nella personale mappa di luoghi e pensieri in questa terra piccola e densa.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini