Il j’accuse ebraico a Putin
Questa redazione di norma pubblica testi inediti e non è frequente che riproponga articoli apparsi altrove. Il nostro mondo è sovraffollato da copiaincollisti ossessivi, che bisogno c’è di aggiungersi alle loro frustrate schiere. Mi sembra però opportuno fare un’eccezione per questo testo di Lisa Billig apparso sul sito Vatican Insider del quotidiano La Stampa. E non solo per il piacere di leggere una gran signora del giornalismo italiano, per ammirare la sua professionalità e il suo coraggio. Ma anche per rimarcare le ambiguità e i goffi imbarazzi di tanti supporter di un giornalismo urlato e deprofessionalizzato, sempre pronti ad alzare la voce quando c’è da gridare slogan e sventolare bandiere, sempre più inadeguati quando si tratta di interpretare i problemi complessi e i terribili dilemmi con cui è alla prese in queste ore la diplomazia israeliana. (gv)
“Signor Presidente! Siamo cittadini ebrei dell’Ucraina: uomini d’affari, dirigenti, figure pubbliche, scienziati e studiosi, artisti e musicisti”. Comincia così la “Lettera Aperta al Presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovich Putin”.“Le scriviamo a nome del popolo dell’Ucraina, delle minoranze nazionali ucraine e a nome della comunità ebraica.”
La lettera, firmata da importanti personalità ebraiche ucraine e che sta ancora accumulando ulteriori firme, accusa Putin di “scegliere coscientemente le bugie e le calunnie dell’informazione sull’Ucraina” allo scopo di “delegittimare il nuovo governo ucraino, diffamare il movimento rivoluzionario per la democrazia di Piazza Maidan e dividere il paese”.
Nella missiva si sostiene che i media russi pubblicano menzogne a proposito di presunte violazioni dei diritti civili dei cittadini ucraini russofoni, e di “divieti sull’utilizzo della lingua russa”, divieti che esisterebbero solo “nella mente di coloro che li hanno inventati”. La lettera fa notare inoltre che “storicamente, la maggioranza degli ebrei ucraini sono russofoni”.
Putin viene accusato inoltre di calunniare Kiev con accuse di “fascismo” e antisemitismo. “La Sua certezza della crescita dell’antisemitismo in Ucraina non corrisponde ai fatti. Forse Lei ha confuso l’Ucraina con la Russia”, afferma la lettera, “dove le organizzazioni ebraiche hanno notato una crescita di tendenze antisemite l’anno scorso”.
La lettera attacca duramente l’ipocrisia della Russia nell’attribuire l’estremismo a Kiev, mentre lo coltiva a casa propria. Vi si afferma che se è vero che i gruppi nazionalisti “fanno parte della opposizione politica e delle forze di protesta che hanno assicurato cambiamenti per il meglio… nemmeno i più marginali tra i gruppi nazionalistici osano mostrare comportamenti antisemiti o xenofobi. E noi siamo sicuri che i nostri pochi nazionalisti sono ben controllati dalla società civile e dal nuovo governo ucraino, il che è più di quanto si possa dire per i neonazisti russi, che sono incoraggiati dai Suoi servizi di sicurezza”.
Inoltre, “ci sono vari rappresentanti delle minoranze nazionali nel Consiglio dei Ministri: il Ministro degli Interni è armeno, il vice primo ministro è ebreo, due dei ministri sono russi. I nuovi governatori della regione Ucraina non sono esclusivamente ucraini”.
“Il pericolo alla stabilità del Paese viene dal governo russo, e in particolare proprio da Lei, Vladimir Vladimirovich”, scrivono i firmatari. “E’ la Sua politica di incitamento al separatismo e la Sua pressione sull’Ucraina, che minaccia noi e gli ucraini tutti, compresi quelli che vivono in Crimea e nel Sud-Est. Gli ucraini del sud-est se ne accorgeranno presto”, ammonisce la missiva.
La lettera conclude con ironia e con richieste chiare. “Vladimir Vladimirovich, apprezziamo molto la Sua preoccupazione per la sicurezza e i diritti delle minoranze ucraine. Ma noi non vogliamo essere ‘protetti’ tramite lo sconfinamento in Ucraina e l’annessione del suo territorio. Le chiediamo di non intervenire negli affari interni del Paese, di riportare le truppe russe ai loro alloggiamenti normali, e di smetterla di incoraggiare il separatismo pro-russo”.
Si stima che la popolazione ebraica in Ucraina si aggiri oggi tra le 70.000 e le 300.000 persone. Secondo Josef Zissels, Presidente dell’Associazione delle Comunità e Organizzazioni ebraiche di Ucraina (Vaad), che è il primo firmatario di questo documento, è la cifra più alta quella più credibile. A causa della loro esperienza storica di pogrom e massacri durante e tra le guerre, gli ebrei ucraini hanno paura di esternare la loro identità etnica e religiosa, per timore che questo possa portare a successive violenze. La popolazione stimata comprende sia gli ebrei religiosi che i laici ben integrati nella vita pubblica.
“La popolazione ebraica in Ucraina è di circa lo 0,7% del totale e almeno il 10% dei membri del parlamento ucraino hanno radici ebraiche – cioè fanno parte del totale dei 300.000 che contiamo nella comunità ebraica, anche se non pubblicizzano il loro ebraismo”, afferma Zissels.
Gli ebrei ucraini partecipano alle proteste secondo coscienza, non sono né incoraggiati né dissuasi dalla Comunità. “Ma io credo”, dice il presidente Vaad, “in primo luogo, che la gioventù ebraica partecipi più spesso rispetto ai più anziani, e, in secondo luogo, che, come in altre azioni volte a democratizzare la società, la partecipazione degli ebrei sia sproporzionatamente alta”. E conferma che lui stesso e alcuni tra i suoi familiari, amici e conoscenti ebrei si sono uniti alla protesta pubblica.
Tuttavia, in quanto persone che vivono in una democrazia, gli ebrei ucraini sono divisi politicamente: non tutti sostengono la rivoluzione. La piccola minoranza di ebrei in Crimea (che, per inciso, ospitò in passato aziende agricole collettiviste ebraiche, e che fu temporaneamente designata dalla Russia comunista a diventare una futura ‘patria ebraica’) mantiene un profilo più basso, circondati come sono da una maggioranza di nazionalisti russi e soggetti ora all’invasione degli uomini di Putin.
Un ulteriore sostegno a Piazza Maidan proviene da giovani ebrei israeliani di origine ucraina che sono ritornati al paese di origine in cerca delle proprie radici, e che ora hanno aderito al movimento di protesta.
Il 28 febbraio il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato un’intervista della JTA con un ex-soldato israeliano noto come “Delta”, nato in Ucraina, immigrato in Israele nel 1990, che si è trasferito di nuovo in Ucraina diversi anni fa e che ha comandato, nella ancora incompiuta rivoluzione, i cosiddetti “Caschi Blu” – un manipolo di 35 uomini e donne non ebrei oltre a “vari colleghi israeliani veterani della IDF”.
Delta è un ebreo ortodosso ultra–trentenne “che partecipa regolarmente alle funzioni religiose della Sinagoga Brodsky del Rabbino Moshe Azman”. Anche se Svodoba, – il movimento politico di estrema destra – è parte del movimento di protesta, Delta sostiene di non aver “mai visto alcuna espressione di antisemitismo durante le proteste, e le affermazioni contrarie fanno parte delle motivazioni per cui ho aderito al movimento. Stiamo cercando di dimostrare che gli ebrei hanno a cuore la situazione”, ha detto. Delta afferma che il Cremlino sta giocando la carta fasulla dell’antisemitismo per delegittimare la rivoluzione ucraina, che allontanerebbe l’Ucraina dalla sfera di influenza della Russia”. Assieme al Rabbino Azman “stanno organizzando l’evacuazione aerea di alcuni manifestanti gravemente feriti – nessuno dei quali ebrei – per essere operati di urgenza in Israele”.
Tutti sperano che questa volta, a differenza del passato, gli ebrei ucraini non verranno cinicamente sacrificati in questo conflitto come capro espiatorio per le strategie politiche volte all’egemonia – da entrambe le parti.
Diverse sinagoghe sono state oggetto di attacchi incendiari nel sud-est del paese, creando uno stato di ansia per quanto riguarda gli sviluppi futuri.
Lisa Palmieri-Billig
(11 marzo 2014)