L’aereo scomparso
D’improvviso ci scopriamo piccoli e fragili. Dove sono finiti i 239 passeggeri dell’aereo malese misteriosamente scomparso? Non lo sappiamo. Nessuno é in grado di saperlo. L’Uomo così potente da distruggere consapevolmente o meno il proprio pianeta non ha strumenti per rintracciare un aereo che, libratosi in volo, ha attraversato per lunghe ore frontiere e continenti. Incredibile, ma vero. Scopriamo così che il novanta per cento della Terra non é coperto dai radar e che dunque siamo tecnicamente dispersi per ampi archi delle nostre tratte aeree e intercontinentali.
Il povero Islandese di Leopardi avrebbe forse gioito di fronte a questa irreperibilità. Il suo unico anelito era infatti proprio non essere trovato dai suoi simili e dalle calamità naturali: “Per tanto rimango privo di ogni speranza: avendo compreso che gli uomini finiscono di perseguitare chiunque li fugge o si occulta con volontà vera di fuggirli o di occultarsi; ma che tu (la Natura ndr), per niuna cagione, non lasci mai d’incalzarci, finché ci opprimi” (Operette Morali, Dialogo tra la Natura e un Islandese).
Personalmente mi auguro ovviamente che questa storia abbia un epilogo positivo, e soprattutto che i passeggeri e i piloti siano ancora in vita. Ma non posso evitare di provare un moto di soddisfazione irrazionale. Mi sento meglio al pensiero che ci sono luoghi irragiungibili alle macchine e agli occhi elettronici, contrade e cieli non attraversati da raggi e radar. Luoghi che ci ricordano – come afferma la tradizione ebraica – che siamo ospiti su questa Terra, e che il nostro compito é custodire il nostro pianeta per restituirlo a D-o e ai nostri figli.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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