Israele, venti di guerra siriana

rassegna
“Ci difenderemo”, aveva avvisato il premier Benjamin Netanyahu dopo l’attentato di ieri sulle alture del Golan, al confine tra Israele e Siria, in cui quattro soldati israeliani sono rimasti vittima dell’esplosione di un ordigno. Un aggressione, condotta da miliziani siriani, a cui lo Stato ebraico ha risposto questa mattina, colpendo con un raid aereo diverse posizioni militari dell’esercito siriano. Come riporta sul La Stampa, Maurizio Molinari, l’agguato sul Golan è l’ultimo episodio dell’escalation di violenze che sta colpendo il nord di Israele, con l’aumento di scontri tra l’Idf (esercito di Israele) e i terroristi di Hezbollah. “Fra gli analisti di sicurezza in Israele – riporta Molinari – prevale la convinzione che Hezbollah, rafforzato dai successi militari contro i ribelli siriani, stia estendendo la propria area di operazioni dal Libano del Sud al Golan, per rivendicarne il controllo”. “Finora siamo riusciti a mantenere la calma e agiremo con fermezza per proteggere i nostri cittadini”, ha affermato il premier israeliano Netanyahu. L’attentato del Golan voleva probabilmente essere una trappola diretta a rapire i soldati dell’Idf, tentativo fallito grazie all’intervento dell’esercito israeliano in supporto della pattuglia ferita.

Intanto, sul fronte dei colloqui di pace tra israeliani e palestinesi, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha esortato Abu Mazen, leader dell’Autorità nazionale palestinese, a “prendersi dei rischi” per portare a un buon esito i negoziati (per cui è ormai certo lo slittamento dei termini prefissati). Davanti ai giornalisti, Abu Mazen non sembra però voler smorzare i toni. “Israele, se vuole mostrarsi davvero uno Stato serio, deve mantenere l’impegno di liberare i prigionieri, come era stato previsto”, ha dichiarato il capo dell’Anp. Prigionieri tra cui ci sarebbero due nomi delicati, quello di Marwan Barghouti e Ahmed Sadat (Osservatore Romano). Fiducioso il premio Nobel per la pace nonché presidente di Israele Shimon Peres che ha definito Abu Mazen “vero partner per la pace”, ricordando che “siamo a un punto nodale dei negoziati e dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per assicurarci che continuino”.

“Il valore simbolico del ricordo delle Fosse Ardeatine ci guida anche oggi”. Così il presidente del Senato Pietro Grasso (Unità), intervenuto ieri in occasione del convegno “1944-2014: le Fosse Ardeatine 70 anni dopo” organizzato a palazzo Giustiniani dall’associazione culturale Arte in Memoria e dall’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla resistenza, con il patrocinio del Senato. Il presidente Grasso ha ricordato come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui i nazisti trucidarono 335 persone, sia una ferita ancora aperta per l’Italia. Un’Italia oggi, a 70 anni di distanza dalle quelle pagine buie della storia, costruita su valori democratici che, sottolinea Grasso, è necessario difendere da i rigurgiti razzisti e antisemiti che serpeggiano per l’Europa.

Milano saluta un grande personaggio della storia moderna del nostro paese: Cesare Segre. Il filologo e critico letterario, nato a Verzuolo (Cuneo) è scomparso domenica all’età di 85 anni e ieri sono stati celebrati i funerali. Dopo il raccoglimento e la preghiera ebraica, riporta il Corriere della Sera, quotidiano di cui Segre fu autorevole firma, amici e parenti hanno ricordato la grandezza di un uomo che ha segnato il panorama culturale italiano. “Grand savant”, lo ha definito Philippe Ménard, studioso del Medioevo alla Sorbona, nell’arco di una cerimonia che ha visto l’omaggio, tra gli altri, di Umberto Eco.

Nelle pagine romane del Corriere, invece, scuse della redazione per un’errata corrige presente nel testo pubblicato ieri Promoteca – un premio per la pace. Per un errore tipografico, riferisce la redazione, la frase “i razzi provenienti da Gaza” è apparsa come “i razzi su Gaza”.

Ancora il Corriere torna sulla vicenda dei presunti finanziamenti occulti che vede coinvolti l’imprenditore Giuseppe Verardi e l’ex sindaco Gianni Alemanno. Nell’inchiesta anche il podologo Fabio Ulissi di cui il quotidiano di via Solferino scrive, “nominato ai vertici della Roma Capitale Investment foundation, con relazioni anche all’interno della comunità ebraica, gioca un ruolo centrale nell’inchiesta della Procura. ‘La sua — scrivono ora i giudici — è una funzione certamente non occasionale ma funzionale al raggiungimento degli scopi che un certo tipo di politica persegue’”.

Daniel Reichel
@dreichelmoked

(19 marzo 2014)