Il libro giusto
Una delle esperienze più belle è condividere con gli amici più cari le proprie letture, ma solo un legame speciale porta qualcuno a scegliere “per te” il libro giusto al momento giusto, a insistere perché tu lo legga, a infilartelo in borsa anche se provi a dire che da leggere ne hai già decine, che non sai come fare. Un amico te lo impone perché sa che quel libro è “per te” e sa che devi rivedere le tue priorità. Mi è capitato in questi giorni con un celeberrimo best-seller che non aveva (e non avrebbe mai) attratto la mia attenzione. Si tratta di una storia straordinaria, mirabilmente narrata da Edmund De Waal, ceramista e critico d’arte londinese, discendente diretto della ricchissima e potente famiglia Ephrussi. Originaria di Odessa, emblema degli intricati paradossi dell’emancipazione ebraica europea, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, gli Ephrussi avevano accumulato in Europa ricchezze fantastiche, stanziandosi a Vienna e a Parigi in due sontuosi palazzi ricolmi di ogni meraviglia. Filo rosso della narrazione di De Waal, nonché stimolo primario alle indagini capillari che l’hanno preceduta e nutrita, è una collezione di ninnoli giapponesi (netsuke). Giunti dal Giappone a Parigi, acquistati dal raffinato Charles Ephrussi, li ritroviamo a Vienna, nella casa del cugino (e barone) Viktor. Miracolosamente sottratta alla furia nazista, la collezione finisce poi in Inghilterra e da lì, con zio Iggie, figlio di Viktor, ritorna in Giappone nell’immediato dopoguerra. Ereditati da Edmund stesso, i netsuke approdano nuovamente in Inghilterra. Risalendo a ritroso la storia di questa preziosa e curiosa eredità, De Waal affronta una strenua ricerca storica, archivistica, artistica e umana che lo porta a scoprire, dietro la materialità di quegli ironici esserini di legno e d’avorio, un’inesauribile “eredità nascosta” (sottotitolo del libro). I concetti stessi di eredità, oggetto, arte, proprietà, amore e storia vengono rivisitati con invidiabile leggerezza e originalità in un affresco struggente della (ricchissima e laicissima) borghesia ebraica “fin de siecle” che va (quasi) spensierata incontro alla catastrofe. Il libro originariamente s’intitola “La lepre dagli occhi di ambra”, ma è stato pubblicato in italiano nel 2011 come “Un’eredità d’avorio e di ambra”. Non va regalato, va fatto leggere.
Laura Salmon, slavista
(21 marzo 2014)