Mentre si legge la Meghillà
Grande festa con tutti i bambini, usanza di far chiasso quando si nomina Haman, e contemporaneamente obbligo di ascoltare attentamente la Meghillà senza perderne neanche una parola: sembra che le regole di Purim (che presuppongono un chiasso silenzioso, o un silenzio chiassoso) siano state inventate apposta per seminare zizzania e creare scompiglio tra il pubblico, in particolare in Comunità come le nostre, dove si ritrovano seduti fianco a fianco osservanti e non osservanti, persone venute per ascoltare la Meghillà e persone venute per far festa, bambini, genitori e nonni. C’è chi protesta per il chiasso e chi protesta con chi protesta; tutti invocano il rispetto reciproco, ma non è sempre facile stabilire dove inizia e dove finisce il rispetto dovuto a ciascuno; c’è chi rimpiange i vecchi tempi in cui l’usanza di far chiasso quando si nomina Haman era meno diffusa e c’è chi rivendica il proprio diritto di chiacchierare in pace, senza accorgersi che a sua volta sta calpestando i diritti di chi vuole ascoltare e di chi sta recitando. Alla fine bene o male si trova qualche forma di compromesso, qualcuno si zittisce, pur a malincuore, e qualcuno cambia posto, la lettura della Meghillà procede felicemente verso la conclusione e tutti possono festeggiare in allegria. Che queste regole siano state stabilite proprio per insegnarci a convivere nelle Comunità, pur con tutti i paradossi delle nostre molteplici e contraddittorie identità, rispettandoci reciprocamente anche in presenza di esigenze e sensibilità diverse?
Anna Segre, insegnante
(21 marzo 2014)