Visto da Kiev
Nei giorni scorsi ho ricevuto una copia della lettera inviata a Federica Mogherini, ministro degli Affari esteri, da parte dell’Associazione Italiana Studi Ucraini. Nella missiva, firmata da una ventina tra studiosi ed esperti, vengono contraddette molte delle affermazioni che abbiamo letto nei giorni scorsi. Ed é interessante scorrere questo documento proprio perché a scrivere sono persone che amano e conoscono l’Ucraina, un paese finito suo malgrado al centro del mondo, ma che pochi conoscono.
Si legge: “Ci turba la diffusione in Italia di informazioni, a nostro parere inattendibili, su presunti movimenti politici estremisti che condizionerebbero lo sviluppo dello Stato ucraino, e secondo le quali si sarebbero create condizioni di pericolo per le componenti minoritarie presenti in questo paese”. E ancora: “Nell’Ucraina indipendente la lingua e la cultura russa non hanno mai subito alcun tipo di sopraffazione, né mai si sono verificati conflitti con i portatori di questa cultura; possiamo pertanto categoricamente smentire le informazioni in merito ai soprusi nei confronti della popolazione russa o russofona (di quest’ultima categoria peraltro fanno parte anche numerosi ucraini, o esponenti di altre componenti minoritarie). Altrettanto troviamo pretestuose le richieste di autonomie culturali o amministrative ancora più ampie per i russofoni: l’uso della lingua russa è liberamente garantito in tutte le regioni, e ogni accusa di sua presunta discriminazione da parte dello stato ucraino e del suo governo può derivare solo da disinformazione o falsa propaganda”.
Infine: “L’Ucraina oggi presenta standard di democrazia e tolleranza che sono in linea con quelli vigenti in altri paesi europei e noi, crediamo, signora Ministro, che Lei, rappresentante dell’Italia nel mondo, possa apprezzare questi risultati e la lunga strada percorsa da una nazione, la cui storia, come Lei ben sa, è stata particolarmente travagliata”.
A me pare che queste affermazioni siano utili perché – mentre soffiano i venti di guerra e la comunità internazionale fatica a mettersi in moto – ci aiutano a formarci un’opinione, magari non definitiva, su questo inaspettato conflitto post Guerra fredda. Ci servono a capire quali sono le ragioni in campo e anche quale sia la condizione della minoranza ebraica in Ucraina, che a quanto si legge vive in queste settimane un sentimento di grande preoccupazione.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(25 marzo 2014)