Time out – Social e veleni
La parasha di questa settimana inizia con le indicazione di D-o a Mosé su cosa si debba fare quando nasce un bambino. Alcuni chachamim notano che il capitolo legato alla nascita di un essere umano sia successivo a quello in cui si fa riferimento alla kasherut degli animali. Per alcuni una sequenza di questo genere potrebbe essere apparire addirittura umiliante; nella stessa creazione del mondo D-o crea prima gli animali e poi gli uomini. Per chi crede nella teoria evoluzionista in realtà la soluzione è semplice, il percorso dell’uomo nasce dagli animali e continua in maniera progressiva. Per l’ebraismo, spiega Rav Sternbuch, non è così. Non c’è grande differenza tra gli uomini e gli animali se non per ciò che riguarda il comportamento. Le bestie si affidano agli istinti e pensano a provvedere unicamente ai loro bisogni, l’uomo no. Il compito dell’uomo è quello di limitare i suoi istinti perché in alternativa altro non è che un semplice animale. Per questo gli animali vengono creati prima, per ricordare che la superiorità dell’uomo non è automatica, ma dipende dal suo comportamento. Quando questo non avviene ne percepiamo subito le conseguenze ed è la Torah stessa che nel capitolo successivo a questo ce ne indica gli effetti e parla della Tsaarat, la lebbra. I chachamim spiegano che questa malattia derivi dalla maldicenza, cioè dall’uso errato e scorretto della parola. Come ad insegnarci che il mancato freno che l’uomo esercita nelle sue parole lo accomuni più alle bestie che agli esseri umani. Una lezione estremamente attuale anche ai giorni nostri dove spesso nei social network e in generale dimentichiamo l’importanza delle parole.
Daniel Funaro
(27 marzo 2014)