Rav Sacks: i veleni dei cyberbulli
distruggono le nostre comunità
Durissimo intervento del rav Lord Jonathan Sacks contro la diffusione della maldicenza e del bullismo elettronico attraverso Internet e i social network.
Basandosi sul commento alla Parasha Tazria, la porzione biblica dove si illustrano fra l’altro i disastri provocati dalla diffusione di falsità e di malevolenze, il rabbino britannico che ha appena concluso il suo mandato di rabbino capo del Commonwealth ed è considerato fra i maggiori leader spirituali del nostri tempi mette in guardia con estrema severità le comunità ebraiche e invita tutti a prendere le distanze da chi utilizza senza scrupoli la comunicazione elettronica per seminare invidia, arroganza, egoismo e pregiudizio. Il linguaggio malevolo, ricorda il Rav, è da sempre il veleno che rischia di distruggere le nostre comunità e i mezzi di comunicazione elettronica lo rendono quanto mai insidioso. “Il bullismo elettronico – spiega il Rav – è la più aggiornata forma di Lashon Hara. In generale Internet è il più efficace diffusore di linguaggio dell’odio mai escogitato. Non solo rende così facile la comunicazione mirata, ma consente di evitare anche gli incontri a viso aperto, che talvolta inducono moderazione e suscitano sentimenti di vergogna, sensibilità e autocontrollo nei confronti delle proprie azioni”.
“Il linguaggio – si afferma fra l’altro nella lunga lezione dedicata all’argomento – è vita. Le parole creano, ma anche distruggono. Se le parole buone sono sacre, quelle cattive sono una dissacrazione. Un segno di quanto seriamente l’ebraismo prenda la questione, è la preghiera che diciamo al termine di ogni Amidah almeno tre volte al giorno: ‘Mio D-o, proteggi la mia lingua dal male, e le mie labbra da parole di inganno. Nei confronti di coloro che mi maledicono fai sì che la mia anima rimanga in silenzio, possa la mia anima essere nei loro confronti come polvere’. Avendo pregato D-o all’inizio di ‘aprire le mie labbra così che la mia bocca possa dichiarare le Tue lodi’, Lo preghiamo alla fine di aiutarci a chiudere le labbra per non parlare male degli altri, né reagire quando gli altri parlano male di noi”.
“Nonostante tutto, però, nonostante la proibizione del pettegolezzo contenuta nella Torah, nonostante le storie di Giuseppe, Mosè, Miriam, e le spie, nonostante la severità senza pari dei Saggi nei confronti del parlar male, il lashon hara rimane un problema lungo tutto il corso della storia ebraica e lo è anche oggi. Ogni leader è soggetto a esso. I Saggi dissero che quando Mosè lasciava la sua tenda presto al mattino, il popolo mormorava che aveva avuto un litigio con sua moglie. Se la lasciava tardi, che stava complottando contro di loro (cfr. Rashi su Deuteronomio 1:12)”.
“Tutti coloro – aggiunge il Rav – dal manager, al genitore, all’amico, che cercano di essere dei leader, devono affrontare la questione del lashon hara. Prima di tutto ciascuno dovrà accettarlo come il prezzo da pagare per ogni tipo di successo. Alcune persone sono invidiose. Fanno pettegolezzo. Si costruiscono denigrando altre persone. Chi si trova in una posizione di leadership, dovrà probabilmente convivere con il fatto che dietro le spalle, e talvolta anche in faccia, la gente sarà critica, maliziosa, sprezzante, diffamatoria, e talvolta completamente disonesta. Questo può essere difficile da accettare. Avendo conosciuto molti leader, in molti campi, posso testimoniare che non tutti i personaggi pubblici hanno la pelle dura. Molti sono sensibili e sono emotivamente logorati dalle critiche ripetute e ingiuste.
Se mai doveste trovarvi in questa situazione, il miglior consiglio è lo stesso impartito dal Maimonide: ‘Se una persona è scrupolosa nel suo modo di comportarsi, gentile nella conversazione, positiva verso il prossimo, affabile nell’accoglierlo, non risponde neppure se offesa, ma è pronta a mostrare cortesia verso tutti, anche verso coloro che la trattano con disprezzo… questa persona avrà glorificato il nome di D-o e su di lei le Scritture sottolineano ‘ Sei il mio servo Israele, in cui io sarò glorificato’ (Isaia 49:3) (Maimonide, Hilkhot Yesodei ha-Torah 5: 11). Questo si applica nel caso in cui il lashon harah sia rivolto nei nostri confronti come singoli”.
“Collettivamente come gruppo, tuttavia, si deve praticare la tolleranza zero verso il lashon hara. Permettere di parlare male uno dell’altro conduce nel lungo termine alla distruzione dell’integrità del gruppo. Il parlar male sprigiona energie negative. All’interno del gruppo sparge i semi della sfiducia e dell’invidia. Diretto fuori dal gruppo, può condurre all’arroganza, all’ipocrisia e autoconvincimento della propria superiorità, al razzismo e al pregiudizio, tutti sentimenti che sono fatali alla credibilità di qualsiasi squadra. Che tu sia o meno il leader di questo gruppo, devi mettere educatamente in chiaro che non avrai nulla a che fare con questo comportamento e che esso non trova posto nelle tue conversazioni”.