farisei…

Papa Bergoglio parlando nel corso del tradizionale Angelus domenicale ha invitato i fedeli a non fare come “i farisei”… Considero Bergoglio una persona di grande sensibilità verso il mondo ebraico. E’ necessario tuttavia sottolineare nuovamente che chi dice “farisei” non dice necessariamente “ipocrisia” o “legalismo”. La corrente dei farisei costituisce il gruppo religioso più significativo all’interno dell’ebraismo nel periodo che va dalla fine del II secolo a.e.v., all’anno 70 e.v. ed oltre. L’ebraismo rabbinico ne è derivazione diretta. Vero è che ci saranno pur stati dei “farisei ipocriti”, così come è vero anche oggi tra gli ebrei osservanti, nonché tra i cristiani praticanti. Tuttavia non dobbiamo cadere nuovamente nella trappola del facile antigiudaismo di matrice neotestamentaria.  
L’insegnamento di Gesù si è svolto nel quadro tradizionale dell’ebraismo farisaico. Gesù ha osservato la Torah Scritta e Orale. Non ne ha proclamato l’abolizione. “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento” (Matteo 5, 17). “Non sono venuto per togliere nulla dalla Torah di Moshe, ne [ma] per aggiungere [compiere] alla [la] Torah di Moshe” (Shabbath 117a).
Sarebbe estremamente facile dimostrare che gli insegnamenti di Gesù rientrano nel giudaismo farisaico del tempo, e ne sono già state fatte ampie dimostrazioni. Nulla di nuovo quindi. Nulla che non fosse già stato scritto o detto anticamente e che Gesù ben conosceva, in un’epoca in cui la Torah Orale veniva gradualmente codificata nella Halachà.
Gesù stesso era un fariseo e le sue dispute (Machloket) con altri farisei sono un chiaro segno di inclusione piuttosto che di fondamentale conflitto. L’insegnamento di Gesù ad amare il prossimo fa eco all’insegnamento della scuola di Hillel. Le opinioni di Gesù sul divorzio sono più vicine a quelle della scuola di Shammai.
Gli insegnamenti sull’impurità delle mani e sulla abluzione delle mani erano in linea con le discussioni del tempo tra i farisei: “Lavarsi le mani prima del pasto è una questione di libero gradimento, ma l’acqua alla fine del pasto (Maim Acharonim) è un dovere (Chovah)” (Tosefta Berachot 5, 13; Talmud Bavlì, Chullin 105a); “Le Mitzvoth furono date al solo scopo di rendere puro l’uomo. Che importa al Santo Benedetto se la nuca di un animale viene tagliata dietro o davanti? I precetti servono alla purificazione dell’uomo” (Bereshith Rabba XLIV, 1); “Che cosa è più importante della carne dei sacrifici? Le nostre labbra con cui preghiamo” (Pesikta 165b).
Anche l’approccio allo Shabbat era all’interno della dialettica farisaica del tempo:
Rabbi Yehuda dice: E’ permesso di Shabbath trattare frutti con la mano per mangiarli ma è proibito farlo con uno strumento. (Shabbath 128a); Abbayeh dice: “Chi alla vigilia di Shabbath strofina spighe di grano con le mani, può soffiare sulle mani di Shabbath per togliere la pula e mangiare subito, ma non può farlo in un recipiente” (Betzah 12b);
“Lo Shabbath è stato dato a voi, e non voi siete stati dati allo Shabbath” (Mekhiltà su Shemoth 31, 13).
Non si deve quindi identificare il fariseismo con la “ortoprassi”, riducendolo a “religione della Legge”. Il fariseismo autentico condannava l’ipocrisia e la tendenza ad attenersi solamente alla “Legge”: “Gerusalemme fu distrutta a causa del fatto che i Giudici del Sinedrio giudicavano secondo il diritto e non andavano oltre la linea della Legge” (Lifnim Mishurat HaDin). (Baba Metzia 30b).
“La peste (piaga) dei Farisei ipocriti. Ci sono sette tipi di Farisei: il Fariseo ostentatore che mostra a tutti la sua devozione e sembra portare il peso dei comandamenti sulle sue spalle; il Fariseo spigolatore che è convinto che rimanga sempre ancora un comandamento da compiere; il Fariseo calcolatore che quando fa un errore compie solo un precetto per compensare; il Fariseo parsimonioso che si vanta di risparmiare su ogni cosa per poter compiere opere buone; il Fariseo previdente che compie un precetto per poi poterne violare un altro di uguale importanza; il Fariseo timoroso che compie il bene solo per timore di D-o; il Fariseo dell’amore che compie il bene solo per amore di D-o; quest’ultimo è amato da D-o. Non sono da temere ne i Farisei ne i non farisei, ma attenzione agli ipocriti che si fingono Farisei” (Yerushalmi, Brachoth 14b; Bavli Sotah 22b).
“La peste dei Farisei ipocriti – Sotah III,4. Il Fariseo il cui interno non sia simile all’esterno, non merita il nome di Fariseo. Tutti i discepoli il cui interno non è come l’esterno, sono detti orrori”. (Yomah 72b).

Paolo Sciunnach, insegnante

(31 marzo 2014)