Pesach…

Nel secondo Sefer Torah letto lo scorso Shabat abbiamo incontrato un verso della Parashat HaChodesh “…e osserverete (vigilerete) le matzòt…” (Shemòt; 12, 17), nel quale il commentatore Rashì ci invita a non leggere matzòt, bensì mitzwòt, in virtù dell’omografia delle due parole che hanno in ebraico le stesse consonanti. “…come non devi lasciare ferme le azzime a lievitare così non dobbiamo lasciare fermentare una mitzwah che ci capita di eseguire…”. In questo senso la matzah, per Rashì, diventa il paradigma di ogni mitzwah la cui dimensione è essenzialmente la solerzia. I cambiamenti e le trasformazioni, di cui Pesach è simbolo, passano quindi attraverso un’operosità veloce. Ci sono situazioni in cui le analisi dettagliate e gli approfondimenti concettuali possono determinare una lievitazione eccessiva che rischia di trasformare tutto in un ebraismo immobile caratterizzato e contaminato da troppe sovrastrutture ideologiche. Il chametz, del resto, non è forse una matzah che ha “riposato” troppo?

Roberto Della Rocca, rabbino

(1 aprile 2014)