Setirot – Una ferita a sinistra
Gad Lerner, Stefano Levi Della Torre, Moni Ovadia, tre persone che conosco da moltissimo tempo, tre amici con cui a volte ho condiviso opinioni e campagne, altre volte ho dissentito nella maniera più profonda, di cui sempre ho difeso il diritto ad esprimere la propria opinione, per quanto lontana potesse essere dalla mia. Ed è proprio per questa nostra “storia” a tratti comune che adesso mi sento in dovere – con me stesso e con loro più ancora che con il mondo ebraico – di esprimere la mia amarezza, anzi la mia dolorosa rabbia per la lettera che hanno scritto nei giorni scorsi. Delusione e fastidio che nascono da motivazioni di carattere oggettivo, politico, personale.
Mescolare la truffa subita dalla Comunità ebraica di Milano e i presunti illeciti all’Ospedale Israelitico di Roma, fare un tutt’uno di due vicende completamente differenti anche dal punto di vista giudiziario, è un pessimo servizio fornito alla comprensione della realtà oltre che una operazione di forzata omologazione assolutamente priva di senso. Le vicende sono diverse in sé, così come diversa è la storia delle due comunità, la loro natura sociale, il loro orientamento politico, le loro scelte passate e presenti. E in ogni caso entrambi gli enti sono parti lese. Per quanto poi riguarda nello specifico i fattacci di Milano, sedendo io da anni in quel Consiglio, posso soltanto – esattamente come dovrebbe fare ogni cittadino in buona fede – attendere gli esiti del lavoro della magistratura e ricordare sommessamente che le leadership di ieri e di oggi sono vittime di questa maxi-truffa che proprio dall’attuale dirigenza Meghnagi è stata smascherata e denunciata alla Procura della Repubblica.
Scrivono Gad, Stefano e Moni: «Avvertiamo da tempo il pericolo che leadership dedite a rapporti privilegiati col potente di turno, disinvolte nell’abbinare il settarismo identitario con le pratiche clientelari, danneggino seriamente la reputazione dell’ebraismo italiano». Ci sono stati momenti – perché negarlo? – in cui io ho criticato e “battagliato” in assoluto disaccordo con certe ostentate vicinanze dei vertici comunitari a esponenti della destra e del centro-destra. Con orgoglio rivendico che alcune di quelle battaglie siano andate a buon fine, rinsaldando – parlo di Milano – una alleanza coesa in grado di affrontare situazioni di crisi. Ma, almeno per quanto ho potuto vedere con i miei occhi, che cosa c’entri tutto ciò con un amministrativo che ruba milioni di euro grazie a tecniche raffinatissime io non riesco a capirlo.
Cari Gad, Stefano e Moni, qualche pezzo di strada insieme l’abbiamo fatta quando – detto in estrema sintesi – c’era il problema di “educare” la sinistra a superare ignoranza e malafede nei confronti dello Stato di Israele. Alcuni di noi si sono anche immersi nella vita comunitaria per testimoniare con la propria fatica e il proprio impegno “di sinistra” che le due sfere non sono antagoniste, con questo – credo e mi auguro – contribuendo al parziale mutamento di opinione in chi vedeva in gente come noi soltanto “odiatori di se stessi, nemici, antisemiti mascherati”.
Con la vostra lettera rischiate di cancellare sforzi di anni. A me importa poco perché comunque andrò avanti come ho sempre fatto. Ma è un peccato. E infine, datemi retta, evitate di lanciare accuse di “politicizzazione” dei vertici. Che ovviamente collocati lo sono, come ogni cittadino ha il diritto/dovere di essere, ma certamente non più di Moni che si candida alle elezioni europee con la lista Tzipras, di Gad che dell’avere la tessera del Pd si fa un vanto, e di Stefano non so. So però di me. Si può essere e dichiararsi orgogliosamente di sinistra, agire di conseguenza, senza danneggiare la Comunità.
Stefano Jesurum, giornalista
(10 aprile 2014)