Fecondazione eterologa, la via israeliana contro i rischi
Sul tema della fecondazione eterologa, il cui divieto introdotto dalla Legge 40 nel 2004 è adesso venuto meno con il pronunciamento della Corte Costituzionale, prosegue un significativo dibattito anche all’interno del mondo ebraico. Dopo il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, intervenuto nel notiziario di ieri esprimendo alcune perplessità in materia, è adesso rav Alberto Moshe Somekh (nella foto) a proporre un contributo ricordando la preziosa testimonianza di rav Avraham Steinberg – medico, docente di Medical ethics alla Hebrew University– Hadassah Medical School di Gerusalemme e presidente della commissione governativa israeliana sul “fine vita” – ospite lo scorso novembre della Comunità ebraica di Torino per uno shabbaton dedicato alla bioetica.
“Nella prima delle due sessioni tenute a Torino – ha scritto rav Somekh sul notiziario comunitario – Steinberg si è soffermato sul difficile tema dell’inizio vita e della fecondazione eterologa e ha sostanzialmente affermato che benché oggi la si permetta anche in Israele (non essendoci rapporto coniugale si esclude il problema dell’adulterio), non c’è invece una visione univoca su un’altra questione connessa: chi è la vera madre, quella che dona l’ovulo o quella che mette a disposizione il proprio utero?”.
Questa decisione può infatti essere determinante a tre fini: se una delle due donne non è ebrea, stabilire l’identità religiosa del nascituro; stabilire di quale delle due il nascituro sia il legittimo erede; essere sicuri che, una volta cresciuto, il figlio/figlia non sposi una propria sorella/fratello. Il problema in Israele viene affrontato limitando la possibilità di fecondazione eterologa a due donne della stessa religione e tenendo un’anagrafe riservata di tutte le donatrici presso un’apposita commissione per cui, ha ricordato il rav, al momento del matrimonio il ragazzo o la ragazza nati da questo tipo di fecondazione “sono in grado di ottenere l’autorizzazione una volta confrontate le generalità del proprio partner”.