Il Grillo scrivente
la comunicazione non è tutto, né oggi né mai. Oggi assistiamo ad un altro fenomeno, che lei sicuramente conosce bene, quello di essere connessi. E con questa sua ultima prova di comunicazione lei dimostra che non si connette. Sarebbe troppo facile il dire di aver dato prova che: non connette più.
Lei spesso è stato accusato di banale antisemitismo; io lo chiamerei, invece, antiebraismo, a volte, e anti-israelianismo, altre volte, per essere più precisi. Lei, infatti, non è antisemita. Lei è ben altro.
Ma torniamo alla sua operazione letteraria che difende a “lingua tratta” anche a chi l’accusa di profanazione. Ma che lei sia un profano, ops! mi scusi, un profanatore, di questo non si ha alcun dubbio. Lei da profano, profana morti e cimiteri. Quella sua scritta sul cancello di Auschwitz non sono certo i baffi alla Gioconda. C’è poco da ridere di quel suo fotomontaggio. E mi evito anche la facile battuta che, come comico, quel suo gesto non fa ridere. Perché da tempo lei ha smesso i panni dell’attore, per indossare quelli del politico. Lei ormai è un politico e come tale, senza troppi scrupoli. Come spesso lo sono i cattivi politici. Lei è tale e quale a coloro che continuamente attacca dal suo blog o dai suoi improvvisati comizi. Perché, come spesso fanno i cattivi politici, usa di tutto pur di raggiungere il suo fine che è esclusivamente il rimanere in politica. Solo che nel suo caso lei non fa della politica ma della mera comunicazione. O meglio ancora, politica della comunicazione; che non è la comunicazione delle sue politiche. Che sarebbe ben altro. Il suo progetto politico è solo comunicare, non importa cosa e a chi. E lei, quindi, ha pensato da astuto comunicatore di prendere non uno, ma due, tre o più piccioni, con una fava.
Riprendendo un’icona sacra della Shoah, della Storia, dell’Ebraismo, dell’Italia, lei dietro a questa icona sì e riparato, per far vedere che non è antisemita. Poiché lei, non solo apprende, anzi, estende i valori dell’ebraismo sofferente ai valori del povero uomo che tira a campare e che non arriva a fine mese. Ma lei, forse, non ricorda -perché credo che la memoria non sia proprio il suo forte- che a fine mese ad Auschwitz ci sono arrivati in pochi. E lei ha dimenticato nel suo “pasticcio”, non lo chiamo “pastiche” che è un genere letterario di tutto rispetto, ha dimenticato che Levi scrive principalmente: un uomo […] che muore per un sì o per un no.
Ma questa frase lei non può citarla. Perché smonterebbe il suo messaggio di comunicazione e lei questo non può né consentirlo né permetterselo. Perché se lei fosse un politico, di quei politici veri che fanno piani economici, sociali, umanitari, per risollevare un paese e non le audience, e non un politico della comunicazione ai fini della comunicazione, saprebbe della politica e della storia, e di come le storie non sono tutte omologabili. E allora, in quel caso, lei avrebbe trovato anche un verso nella sua prosa per citare quel “muore per un sì o no” lasciato da Primo Levi al caso e alla volontà dell’aguzzino di turno.
Accade, quindi, che lei stesso, leggendo il testo di Primo Levi per rivisitarlo abbia detto: questo sì e questo no. E così, già non si è posto più dalla parte di chi dentro ad Auschwitz ci è entrato per lasciare ai posteri solo “memoria”. Lei dal testo di Levi ha preso solo quel che le conveniva. Lei che, dà mostra di preoccuparsi così tanto del futuro e delle prossime generazioni, ha loro taciuto una frase assai significativa. Non le serve quindi travestirsi da deportato per portare avanti i suoi tentativi politico letterari. E mi sembra che di questi tempi siano in molti ad indossare a sproposito la casacca dei deportati. Anche i figli del suo rivale Berlusconi hanno rispolverato quell’ “abituccio” per mostrare al mondo la loro dura condizione. Anche loro hanno riscoperto l’ebraismo dei forni e della Shoah per far sapere quanto sono perseguitati. Insomma, mi sembra proprio che tutti quelli che odiano la politica e scendono in campo lasciando le loro professioni abbiano facile gioco a nascondersi dietro “lo sporco lavoro che sono costretti a fare ad Auschwitz”. E lei pure ha pensato bene di camuffarsi da deportato –noti bene che scrivo deportato e non ebreo perché nei lager nazisti sono morti in tanti e non solo ebrei- e quindi la sua profanazione non riguarda solo la memoria ebraica ma quella europea, quella dell’ONU (ma lei sembra non appartenere mai a questo mondo che critica in continuazione. Ma guardi bene che questa è anche la sua Italia! Quella da cui le è stato foraggiato e dalla quale, oggi, è sostenuto! Ma forse, lei questo non lo percepisce perché vive in qualche stringa html di Internet che la sostiene. E forse, ambisce al ruolo di presidente del consiglio di Second Life). Lei usa la Memoria della Shoah per pararsi, oggi, dall’accusa di antisemitismo di quando attacca i banchieri ebrei responsabili della crisi mondiale. Come vede non parlo dei suoi attacchi verso Israele, non perché li condivida o li rifiuti, ma perché di quello si può parlare e avere delle opinioni. Quella è politica e come tale interessa tutti coloro che si sentono politici. Ciò, invece, su cui e più arduo avere delle opinioni è la Shoah, che è un fatto talmente storico che avere delle opinioni in merito sarebbe come parlare di una strategia per una partita di calcio. E ad Auschwitz c’era poco da giocare dovendo lavorare per morire. Lei sente che il messaggio di Primo Levi non ha detto tutto. E che, pertanto, va riattualizzato, portato ai nostri giorni! Banalizzato e portato davanti a quei deficienti e ignavi che siamo! In una forma, nella quale, possiamo meglio comprendere ciò che Levi voleva dire sia per la Shoah sia per tutto ciò che ne è simile. Perché, secondo lei quello che stiamo vivendo, oggi, è un attuale e prossimo totalitarismo omicida.
Ebbene, lei potrebbe anche avere ragione, ma perché dirlo con le parole della Shoah? Forse che lei, un così grande ed esperto comunicatore, ha bisogno delle parole di un ebreo sopravvissuto e deportato? Lei, il grande comunicatore, si trova a corto di parole e non trova di meglio che scoperchiare la tomba di Primo Levi e gettare qua e là i brandelli di ciò che è stato? Perché Levi ammonisce: ricordate che questo è stato. Ma la Shoah è stata, e non la sua irrisolta riscrittura; è stata, caro Grillo scrivente. Mi viene da chiederle se ha intenzione di depositare alla SIAE la sua opera come liberamente ispirata o se ne farà la creazione di un’opera tutta sua. Chi potrebbe mai vietarle di usarla o impedirle di esercitarne i diritti? Certamente nessuno. Perché la grandezza di Levi, e della storia che racconta, fa parte dell’umanità e della sofferenza dell’umanità. Il suo “pasticcione”, sebbene lei abbia voluto fare un ritratto della condizione italiana, non va al di là del suo fine, delle sue politichine di comunicazione. Fra l’altro il nazismo aveva un senso delle proporzioni e sproporzioni molto più efficace della sua scritta incastonata nel cancello. La scritta completa con la parola Arbeit ha una sua composizione ed equilibrio che nasconde bene l’orripilante contenuto che si nasconde oltre quei cancelli. La sua scritta, invece, si vede subito che è posticcia, che è taroccata. Una bufala, si potrebbe anche dire. Come le patacche che si vendono. Che sono sì, sullo stile della grande firma che vogliono imitare, ma che altresì mostrano subito la buggeratura che c’è sotto. E non regge la sua prosa, che si sente subito essere un falso. E neppure un falso d’autore. Perché, almeno, il falso d’autore l’originale lo rispetta. Il suo, invece, è più un autore falso che un falso d’autore. La sua prosa infastidisce non perché non ha rispetto della Shoah (che se già ne avesse un pochino non farebbe di queste baggianate), infastidisce perché sembra il mediocre tentativo di un mediocre scrittore di farsi grande, perché riscrive un grande. E un po’ come se lei pensasse di rifare un taglio di Fontana perché affetta la caciotta a pranzo! Suvvia, signor Grillo, sia più serio! Altrimenti a voler fare sempre la coscienza degli italiani si ritroverà -per rimanere sempre in ambito di scrittura italiana- con un partito di Pinocchi. E i Pinocchi ai Grilli parlanti non fanno certo fare una bella fine! Anche i Pinocchi hanno dei fini politici, quello di smettere di essere dei burattini per diventare finalmente degli esseri umani, liberi e coscienti. E la smetta, anche perché nel suo creare proseliti ed epigoni c’è già chi scrive che non solo la P2 rende liberi ma anche l’“euro rende liberi”! Suvvia, Signor Grillo riscrivente, già ci dispiace di dove sopportare tutte queste riscritture e “cancellate” varie che non vorremo proprio assistere a la: comunicazione rende liberi!
Vittorio Pavoncello. regista
(20 aprile 2014)