Qui Gerusalemme – I suoni della Città Vecchia

suoniUn vero e proprio abbraccio musicale quello che si è stretto intorno alle mura della Città Vecchia di Gerusalemme a inizio aprile. Quattro serate di buona musica per un festival dai colori etnici ma dall’organizzazione tipicamente israeliana. Si partiva dalla Jaffa Gate e dalla Torre di David adiacente, da cui si dipanano una serie di vicoli e stradine che conducono ai quartieri armeno, cristiano, islamico ed ebraico, tra banchi di spezie, tappeti, chincaglieria e souvenir di ogni genere.
Ad accogliere i visitatori oltre 40 tra artisti ed orchestre che si alternavano sui vari palchi allestiti per l’occasione in un percorso di undici tappe che si snodava lungo i vari quartieri della Ir Atika. Musica dai quattro angoli del globo, a ravvivare gli scorci un po’ spenti e le piazze più grandi dell’affascinante cittadella, conferendole ancor di più quel sapore di unico melting pot di culture, fedi e spiritualità diverse.
Musica klezmer e musica araba, gitana e persiana, armena, etiope, greca ed ovviamente israeliana, musica folk, tradizionale e dance occidentale, davano allo spettatore ancor più il senso di come tante anime distinte convivano nello stato di Israele, specialmente a Gerusalemme.
Strumenti moderni alternati a quelli etnici, con voci di artisti sconosciuti ai più a fare da contraltare a quelle di volti noti del panorama musicale israeliano, come Ariel Zilber, Eviatar Banai, Yishai Lapidot ed Aharon Razel o di altri come Leena Makhoul proveniente dallo show televisivo “The voice of Israel”.
È in questo miscuglio di suoni, lingue e colori che ci siamo incuneati tra le strade dello suk, per arrivare alle varie tappe, incuranti della tipica “brezzolina” gerosolimitana, che nelle sere di aprile ci ricorda che quando abbiamo fatto la valigia, avremmo dovuto mettere un maglione più pesante.
Ci siamo così spostati dal palco delle Sharkia, un gruppo interamente femminile che cantava zemirot in stile orientale verso quello degli Hebrews of Dimona un gruppo di ragazzi che animavano a ritmo di soul, spiritual e R&B, passando sotto un arco sul cui tetto un violinista proponeva melodie balcaniche, accompagnato da giochi di luce che rendevano la cornice ancor più suggestiva.
Mentre ripassavamo dalla Torre di David abbiamo potuto vedere l’esibizione degli Sheketak, un gruppo di ballerini che vanta esibizioni in oltre 30 nazioni, che con uno show esuberante e dinamico coinvolgevano giovani e famiglie a ritmo di Hip Hop, Breakdance e body drumming .
Ma è Shuli Rand con la sua orchestra ed i suoi racconti di vita vissuta e culminata nel percorso di teshuvà, che ha concluso il festival nella piazza antistante la sinagoga Hurva, una piazza gremita di giovani di tanti streaming.
Tanti religiosi, qualche hippy e un po’ di laici che ballavano in mezzo al pubblico, sulle melodie graffianti di una rock star vestita come un bachur yeshivà, mentre di lì a poco, da una bottega adiacente, due giovani arabi rispondevano con un coro di percussioni, da lasciarci il sapore di un medio oriente composito, che forse lascia sperare che il vuoto lasciato dalla politica possa essere in qualche modo colmato con l’arte e la musica.

Maurizio Di Veroli, Progetto Davka

(23 aprile 2014)