La grande sfida di Spielberg: raccontare il dramma di Edgardo
Il prossimo film di Steven Spielberg sarà dedicato a uno dei casi più drammatici della storia ebraica italiana, il rapimento del piccolo Edgardo Mortara. La vicenda del bimbo ebreo sottratto con la forza alla sua famiglia dalla Chiesa nel 1858 dopo un battesimo segreto da parte della domestica, cresciuto da cattolico e infine divenuto prete, sarà narrato dal regista in un adattamento per il grande schermo del libro di David Kertzer intitolato The Kidnapping of Edgardo Mortara.
A firmare la sceneggiatura sarà Tony Kushner, già autore di Lincoln e Munich mentre il film, che Spielberg produrrà e potrebbe anche dirigere in prima persona, sarà frutto di una coproduzione DreamWorks-Weinstein. Non è per ora nota la tempistica del progetto, ma secondo alcuni fonti potrebbe non essere realizzato nell’immediato. In ogni caso Kushner avrebbe appena dato mano allo screenplay.
La vicenda di Edgardo, così commovente, ricca di colpi di scena e di implicazioni religiose e politiche, promette di appassionare gli spettatori come d’altronde già il libro di Kertzer, pubblicato nel 1997 e finalista al National Book Award nellasezione non fiction.
“Una squadra di polizia, agli ordini dell’Inquisitore, invade la casa del mercante ebreo Momolo Mortara, strappa dalle sue braccia il figlioletto di sei anni che piange e lo trascina via su una carrozza diretta a Roma. La madre sconvolta collassa e deve essere portata nella casa del vicino, il suo pianto si sente in tutta la città”. Inizia così l’appassionante ricostruzione del caso di Edgardo Mortara, pubblicata in italiano da Rizzoli con il titolo di Prigioniero del papa re, che David Kertzer dedica alla memoria del padre Morris.
Una dedica per nulla casuale, visto il suo affettuoso e mai dimenticato legame con l’Italia ebraica. Il 22 gennaio 1944 il rabbino Morris Kertzer era infatti fra i soldati del sesto Corpo d’armata americano sbarcati sulla costa tra Anzio e Nettuno. Dopo settimane trascorse ad assistere, unico cappellano ebreo in servizio, i soldati ebrei nell’inferno che si scatena in quel tratto d’Italia il giovane rabbino di Iowa City entra a Roma dove incontra il rabbino alloraalla guida della Comunità ebraica romana, e con lui celebra lo Shabbat al Tempio maggiore davanti a una folla di 4 mila persone.
David Kertzer, docente di scienze sociali alla Brown University, autore del libro “I Papi contro gli Ebrei: il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo moderno” (2001) e del volume “Il patto col diavolo – Mussolini e papa Pio XI. Le relazioni segrete fra il Vaticano e l’Italia fascista”, da poco pubblicato da Rizzoli, è considerato l’esperto statunitense di maggior rilievo nella storia moderna delle relazioni tra Vaticano e mondo ebraico.
Il film di Spielberg promette dunque di portare al grande pubblico una vicenda dalle solide basi storiche che non mancherà di far discutere. Edgardo Mortara fu rapito alla sua famiglia perché la domestica affermò di averlo battezzato, in segreto, durante una grave malattia temendo che morisse. Il bambino si ristabilì ma, quando la notizia del battesimo giunse alle orecchie dell’Inquisizione, fu sequestrato e inviato in un monastero per venire educato da cattolico.
Le conversioni forzate erano allora piuttosto diffuse in tutta Europa. Ma i tempi stavano cambiando: la vicenda catturò l’attenzione internazionale e contro il Vaticano si mobilitarono i Rothschild, Napoleone III e perfino l’opinione pubblica americana. La sorte di Edgardo divenne un simbolo della lotta del liberalismo risorgimentale al potere pontificio e la storia. Gli sforzi della famiglia Mortara di riguadagnare la custodia del figlio non ebbero però alcun esito. Edgardo, cui si interessò personalmente papa Pio IX, rifiutò di tornare con loro e da adulto venne ordinato prete nell’ordine degli Agostiniani con il nome di Pio. Servì da missionario in Germania dove cercò di dedicarsi alla conversione degli ebrei. Riavvicinatosi alla famiglia, tentò, senza risultati, di convertire anche la madre e i fratelli. Morirà a 88 anni, a Liegi, dopo anni trascorsi in monastero. Ironia della sorte, proprio la sua storia fu uno dei principali elementi opposti alla beatificazione di Pio IX avvenuta nel 2000.
Ma la storia di Edgardo Mortara non si esaurisce qui, perché solo pochi mesi il suo nome è tornato ancora una volta alla ribalta della cronaca. A metà dicembre è andato all’asta da Sotheby’s a New York il quadro, intitolato “Il rapimento di Edgardo Mortara” e firmato da Moritz Oppenheim (Hanau 1800, Francoforte 1882).
Ritrovata di recente in Inghilterra dopo una scomparsa durata oltre un secolo, l’opera (in precedenza erano conosciuti soltanto i suoi lavori preparatori) ritrae il momento in cui il bimbo viene sottratto a forza dalla sua casa. Considerato il primo pittore ebreo dell’età moderna, Oppenheim, che da giovane era stato in Italia e aveva visitato il ghetto di Roma di cui conservò a lungo un ricordo indelebile, dipinse la scena quattro anni dopo il rapimento da cui era rimasto molto colpito.
Elèna Mortara Di Veroli, docente di Letteratura anglo-americana all’Università di Roma Tor Vergata, discendente di Edgardo Mortara, aveva chiesto il ritorno in Italia, auspicandone l’acquisto da parte del Museo ebraico di Roma che però, nelle parole della direttrice Alessandra Di Castro, non disponeva purtroppo dei fondi necessari all’acquisizione. Il quadro è stato venduto a un collezionista privato per 407 mila dollari. È l’ultimo colpo di scena di una storia intricata e emozionante: una finale che da solo pare un film.
(Nell’immagine Steven Spielberg e Tony Kushner)
Daniela Gross
(25 aprile 2014)